Con delicatezza fra le maglie d’una anima visionaria



La parola ci consente di esplorare il conosciuto e l’inconosciuto, ci fa penetrare nelle trame più nascoste dell’esistente. La parola è il medium più potente per interagire con l’altro, per costruire ponti di compartecipazione e di condivisione. La parola dei poeti è distillata e purificata, è spesso sonora come il canto dei centomila violini, reca con sé magia e stupore, arricchendo il verso. La poesia è alacre, paziente.
E il poeta è forse oggi l’esemplare al mondo di homo sapiens, uomo che esiste perché è cosciente di esistere, così come è del vero amore: che è amore solo se è “pensiero dominante” e cosciente di sé. In quest’era frammentata e confusionaria, abbiamo più che mai bisogno della parola dei poeti, per rischiarare le ombre e per far fiorire barlumi d’aurora. La grande poesia si nutre alla fonte vivida del tempo e ci può aiutare ad interpretare le cose della vita con più umanità. Una grande voce di questa contemporaneità è Vittorino Curci.

Poeta e sassofonista, collabora alla rivista “Nuovi Argomenti”, cura per “Repubblica Bari” la “Bottega della poesia”. Nel 1999, ha vinto il premio Montale per la sezione Inediti. È presente in varie antologie di poesia contemporanea pubblicate in Italia e all’estero. Suoi testi sono stati tradotti in inglese, francese, tedesco, spagnolo, greco, rumeno e arabo. Il poeta naviga sovente con la memoria, riesce a fare scandaglio vibrante di ciò che è stato. Di ciò che è. E Vittorino Curci, ha appena pubblicato “Poesie” (2020-1997) (edito da La Vita Felice di Milano), un’ampia scelta dei suoi libri, che hanno traversato e respirato più d’un ventennio, con la prefazione d’un altro grande poeta Milo De Angelis. È il dono che Curci fa ai suoi lettori.

Un libro fondamentale per apprestarsi ad entrare con delicatezza fra le maglie d’una anima visionaria, d’uno spirito polifonico, d’un uomo che ama e vive con tutte le sue corde. Scorrendo le pagine di “Poesie” (2020-1997) si resta colpiti dall’umanità vibratile d’amore dell’Autore, dal suo voler rappresentare situazioni, emozioni, sensazioni, narrazioni, con un sentito e meditato piglio empatico. Un altro aspetto che balena agli occhi dei lettori è l’eleganza delle descrizioni. Una parola che entra a fondo nel connettivo delle ossa, scava intendimenti e fatti, ci consegna una alata efficacia. Curci ha una ineludibile fede nella poesia, che è lo strumento per antonomasia e pacifico per rappresentare il mondo.
Mi attrae particolarmente una frase di Giuseppe Di Vittorio, posta in testa ad una poesia: “Dopo aver letto per la prima volta A Silvia posai le sigarette sul tavolo e dissi a me steso: non fumerò più fino a quando non l’avrò imparata tutta a memoria”. A significare, per l’appunto, la fiducia estrema nella forza morale ed educativa della parola. La devozione al bello. La terra del Sud è ampiamente protagonista in questi versi, con i contadini, la luce dei campi, la tramontana che si infila nei tratturi. Alcune immagini quotidiane si rivestono d’una aurea trasognata, come un pomeriggio al bar ad ascoltare la radio, le traiettorie del pallone, le azioni di gioco, il colore delle maglie. La memoria pulsante batte come un caleidoscopio in “Poesie” (2020-1997). La memoria può essere, tra l’altro, la narrazione d’una visita a Matera del presidente De Gasperi, che quando uscì da una di quelle abitazioni malsane era sul punto di svenire. Poesia civile e d’amore, quella di Vittorino Curci, che si può abbandonare anche a dizioni e a espressioni così chiare:

…ma alla fine sono stato io
a cercarti, vita che dà vita,
amore senza nome,
taciturno amore.
in questa città dolente
noi ci amiamo in segreto

L’Autore sa compendiare l’intreccio del tempo quotidiano e del tempo mitico. Come scrive Milo De Angelis, nella prefazione, “l’infanzia percorre tutte queste pagine, con le sue scene antiche e il suo eterno “primo ottobre nel giardino della scuola, il suo giocare “a morra con le ore della notte”. Il tempo. Lo scandire degli attimi della memoria. Nei versi di Curci l’infanzia è come un eterno presente, è una stagione vivissima che non possiamo situare nel passato. L’infanzia è artefice di vita e di nuovi albori. La poesia di Curci è fascinosa, sa modulare diversi registri linguistici, sa maneggiare con maestria l’elegia, l’invettiva, la supplica. Una poesia adamantina, pura come il diamante, come i cieli estivi di Puglia. Curci sa inquadrare l’esistenza in un campo aperto. La sua poesia è d’un lirismo struggente:

da perdere cos’altro c’è quando
nei notturni effluvi di agosto
si è solo carne viva.
è così che vengono attratte
dallo sfarzo di queste luci,
belle come farfalle nei vestiti
da sera che solo per noi indossano.
lo spartito è scritto sui loro corpi.
capriole di molecole
danno verve alla commedia.

Marcello Buttazzo

La foto che illustra questo post è tratta da Interno Poesia
https://internopoesia.com/2021/05/10/vittorino-curci/