C’è un libro, una silloge, una raccolta
di respiri (lievi… e affannati…), d’un’anima e d’un corpo, un’anima tormentata
(che reclama un’altra anima, possibilmente non tormentata), un corpo che
reclama urlando un altro corpo (dopo tutto…), dedicato a Amore e Psiche, con
quattro esergo di filosofi e poeti (amati). Un libro ch’è espressione d’un
impetuoso SUBBUGLIO, un libro che
genera subbuglio che, per
definizione, è destinato a confondere, agitare;
scompigliare chi ne fruisce e (prima ancora) ha toccato tumultuosamente chi
quei versi ha vergato. Subbuglio è
sostantivo maschile, partorito da un poeta donna: Alessandra Peluso. L’Autrice
è filosofa, dottoressa di ricerca in scienze bioetico-giuridiche e, ovviamente,
otre al resto (a tutto quanto il resto), malata
di poesia. Tenuto conto di ciò, il mio approccio ai versi di questa raccolta,
non può prescindere da alcune considerazioni che precipuamente riguardano
qualche definizione, nonostante la mia (già, altrove) dichiarata avversione per
ogni definizione. Ma può aiutare a entrare e sviscerare meglio la scrittura di
Alessandra e scrivere qualcosa di (spero) pertinente su questo spicilegio
impertinente. L’amore, si sa, è (anche) la dedizione appassionata e
esclusiva fra persone, tesa (ché di tensione si tratta) alla ricerca della
reciproca felicità, sia spiritualmente che sessualmente. Anima e corpo,
appunto. L’anima, che s’identifica con la prima e più importante delle funzioni
vitali (il respiro), come complesso dei fenomeni e delle funzioni che
consentono all'individuo di formarsi un'esperienza di sé e del mondo, e di
agire conseguentemente. Psiche,
anche questo si sa, è un personaggio della mitologia greca, personificazione dell'anima
gemella, ossia l'amore umano. È un termine con cui tradizionalmente s’individua
l'insieme di quelle funzioni cerebrali, emotive, affettive e relazionali
dell'individuo che esulano dalla sua dimensione corporea e materiale.
L'etimologia del termine psiche
(dal greco ψυχή, connesso
con ψύχω, respirare, soffiare) si riconduce all'idea del soffio, cioè del respiro
vitale, ossia l'anima (originariamente
identificata, come su notato, con quel respiro). La filosofa e la poetessa sa
che il termine psiche nasce
nell'antica poesia greca: Omero la concepiva come
qualcosa che caratterizza ogni singolo individuo e che abbandona il corpo,
fuoriuscendo dalla bocca, oppure da una grave ferita, nel momento della morte.
In quanto soffio vitale, cioè anemos, è stato poi quasi automatico
tradurlo con anima nella tradizione filosofica posteriore. Il concetto è
ripreso da Aristotele e da lui meglio definito e teorizzato
come causa della vita, cioè forma del
corpo. Nella concezione platonica l'anima cade nel corpo dall'iperuranio o
mondo delle idee e la conoscenza è dovuta al ricordo, reminiscenza dell'anima
di tutte le idee che ha contemplato in quella dimensione metafisica,
a-spaziale, a-temporale, puramente spirituale. A quest’anima individuale Platone affianca un'anima universale, come già
le tradizioni orientali prima di lui come i Veda,
le tradizioni egizia, orfica e pitagorica. Tale anima universale è infusa nel
mondo dal Demiurgo che la plasma a partire dai quattro elementi: terra, acqua,
aria e fuoco, nel mentre, più vicini al nostro tempo, contributi alla
comprensione della psiche umana sono venute dai vari pensatori e filosofi
appartenenti alle filosofie della vita
da Thomas Hobbes a Arthur Schopenhauer,
da Friedrich Nietzsche
a Herbert Spencer. Nell'ambito
della letteratura mondiale molti letterati hanno
precorso/intuito tali conoscenze all'interno delle loro opere artistiche. Tutto
ciò è noto a Alessandra Peluso, lo è molto più rispetto a chi scrive: ho voluto
cennare quanto sopra per meglio comprendere la sua scrittura. Aggiungo: Amore e Psiche è, prima di tutto e oltre tutto, una fiaba, una fiaba
tragica. Nei versi di Alessandra Peluso c’è la leggerezza e la bellezza
dell’amore desiderato e vissuto come una fiaba e c’è la drammaticità dell’amore
perduto, tradito, anelato e sconfitto.
Quanto sopra notato, l’appena cennato exursus filosofico-scientifico circa le origini del mondo culturale
dell’Autrice (incidentalmente toccato e dismesso), ha influenzato la scrittura
di Alessandra Peluso? Ne ha orientato l’esistenza? Ha ispirato la sua
scrittura? Credo, ma potrei sbagliare, che a queste domande si debba rispondere
affermativamente; non so in che misura, sicuramente in un modo qualunque!
Rammento a me stesso che Alessandra Peluso insegna Filosofia e Scienze Umane
nei licei, ha scritto (tra gli altri) saggi su Simmel, Camus, Arendt, Kant,
Nietzsche, ma quel che le consente di far tutto ciò e sopportare le umane miserie è non solo essere avida lettrice
d’altro e, in particolare, di poesia, ma fermare poeticamente la meraviglia, lo
stupore, le gioie, le delusioni e le mortificazioni del suo esistere…
Ho seguito il percorso poetico di Alessandra Peluso sin dal suo
esordio, nel 2010 con Canto d’Anima
Amante (Pensa Editore), sino alle successive pubblicazioni poetiche (a
cadenza triennale) e devo dire che oggi apprezzo più di tutto il suo essere
stata attenta al mondo (non solo letterario) d’intorno! Ricordo tutto il tempo
che precedette la pubblicazione della ricordata sua prima silloge. Sono
contento di tutto il tempo speso su quel libro. Lavoro, lavoro e lavoro
(predicavo…). Adesso la sua scrittura (non solo poetica) è cresciuta, è pulita,
è ricercata, è sudata, è il frutto di quel che amo definire tutto il tempo necessario, è espressione
di quel che dentro non può più stare. È POESIA! Anche quando, come in Subbuglio i temi sono squisitamente
intimi, carnali, ché oltre agli elementi naturali esterni (cielo, stelle, mare,
pioggia), qui è cantato soprattutto il dolore dell’assenza e la gioia fatua del
ricordo dell’amore (per quanto perduto). E meno male che a far compagnia alla
solitudine, all’angoscia, alla gelosia, alla conseguente furia dei pensieri,
c’è il salvifico silenzio del ricordo e (per quanto sottile) la speranza (senza
il coraggio?) d’innamorarsi ancora. Per intanto, il sesso è balsamo di
quell’assenza d’estasi divenuta tormento… Non è facile dire tutto questo in
versi in maniera così esplicita e quasi sfacciata, senza scadere in
qualcos’altro (che poesia non è). Gli esempi (in un senso e nell’altro) non
mancano…
Oggi posso dire che Alessandra ha lavorato sodo e bene!
Lecce, 28 febbraio 2021.
Vito Antonio Conte