di politica e d'amore, note di lettura

 



Marino, vent'anni di poesia fra la politica e i sentimenti
di Vittorino Curci*

Prendendo tra le mani la silloge poetica pubblicata recentemente da Mauro Marino, Di politica e d'amore (Spagine), in quarta di copertina leggiamo: "poesia viva, da persona a persona"... e nel  testo d'apertura: "nella mia scrittura abitano tre movimenti: un io monologante; un io volto all'ascolto della natura e della Storia; un io nel tentativo dell'amore". È un viatico più che sufficiente per mettersi in viaggio e in ascolto di un libro che raccoglie poesie del periodo 2000-2020. Insomma, un lungo e significativo tratto di strada: il primo ventennio di un secolo che sembra cominciato ieri. Ma cosa è veramente accaduto in questi anni? Come li abbiamo vissuti? In che modo la nostra storia personale si è incrociata con la Storia che, come dice Marino, "diviene fotoromanzo / passione sempre meno appassionata"?  A queste e altre simili domande la risposta del poeta è forse sintetizzata in due soli versi: "L'esser chiamati allo sguardo / implica responsabilità". Cos'altro può significare, infatti, Di politica e d'amore se non che la nostra esistenza è imprescindibile dall'esserci degli altri, che sono sempre e soltanto gli altri che ci conferiscono (ci donano) un'identità, che libertà e responsabilità viaggiano sempre insieme, così come arte e vita, amore e impegno civile ecc.? Tornano alla mente i tre versi che Maria Grazia Calandrone ha posto in epigrafe al suo Giardino della gioia: "Siccome nasce / come poesia d'amore, questa poesia / è politica". Marino condividerà senz'altro queste parole perché nella sua poesia "da persona a persona" l'io che abita la scrittura "invade, mormora e interroga". Eccone un esempio tra i tanti che se ne potrebbero scegliere nel suo libro: "Siamo qui a celebrare il nascere, / quel giorno e tutto quello / che si è portato appresso: / le voci, i rumori, il camminare, / il guardare lesto dell'infanzia // e la corda dell'equilibrista per farsi al mondo, / all'altro, all'arte se è venuta, / al lavoro se è venuto, all'amore / e all'oltre che ci accoglie se chiamato. // Di tanto siamo, del nascere siamo, di quel troppo".

Tra le sezioni più intense e ispirate della raccolta non si può fare a meno di ricordare "Le cose della casa" dove dei comuni oggetti (una caffettiera, una credenza, una tovaglia, una forchetta ecc.) sono avvolti in una luce quasi metafisica che crea un'aura di affabile e ammaliante mistero.   

*La Repubblica, domenica 3 gennaio 2020


Su Mauro Marino, Di politica e d’amore, Spagine 2020

di Elisabetta Liguori*

Non credo sia un caso. Quando venti anni fa mi aggiravo per Lecce, in una città che mi era stata restituita da poco, dopo gli studi universitari e il primo incarico come cancelliere a Potenza, e che quindi mi pareva di non riconoscere, incontrai l’associazione culturale Fondo Verri e Mauro Marino. 

Una piccola stanza, dalle pareti dipinte di nero, che era osservatorio, teatro, piazza. Essenzialmente visione di mondo. D’allora non ho più perso il contatto con quel luogo. Tutto ciò che so sulla mia città oggi, e probabilmente molte delle cose che so con riferimento ad altre città e luoghi del mondo e della letteratura, sono passate attraverso il filtro luminoso di quella visione. 

Questi venti anni trasmutano in versi nella raccolta che Mauro Marino pubblica per “Spagine”, nella collana Scritture, dal titolo: “di politica e d’amore. 2000-2020”. Un’opera di restituzione e ricostruzione sentimentale e di militanza. Un’opera che fa quello che Mauro Marino ha sempre fatto: osservare, accogliere, agire. La militanza poetica, teatrale, sociale, politica di Mauro Marino non conosce sosta. 

Allievo e collaboratore di Danilo Dolci, dirige da sempre le attività del Fondo dedicato all’amatissimo scrittore Antonio Verri; impegnato costantemente, come giornalista e come operatore, in laboratori di espressione creativa nell’ambito della prevenzione e la cura di diverse forme di disagio; attivo nell’editoria indipendente, nella scrittura e nello scouting più illuminato. 

Cura è la parola chiave in questi suoi ultimi scritti, quelli relativi agli anni duemila, anni descritti alla luce dell’esperienza che viene da un novecento studiato e vissuto intensamente. La cura nei suoi versi è espressone di una poetica precisa. Mauro Marino si prende cura del verso, dell’uomo e della sue esperienza. Nella raccolta troviamo infatti tre linee narrative: un io che ascolta sé stesso, uno che osserva la natura, un altro che cerca la dualità dell’amore. 

Un io che invade, mormora e interroga, scrive Marino in una sorta d’introduzione ai suoi testi. Nel primo movimento, il poeta che ascolta il poeta è l’asino, umile, vigoroso; è colui che serve, che caparbio resta, che tira calci d’impeto, che non cambia le sue idee, ma lascia che le sue idee modifichino e allunghino la strada da percorrere. La sua poesia è un’attestazione di responsabilità nei confronti del lettore e dunque si spinge oltre il confine, immaginando orizzonti. Di quel nuovo orizzonte comune si prende cura, lo esplora, lo accoglie. Questo non, questo non/ che ormai assedia, Marino lo condanna, vi oppone la resistenza del verso, lo trasforma in un sì, per dar spazio alla voce dell’altro, del diverso. 

Nel secondo movimento, Marino è poeta che mescola odori, sapori, immagini di terra. Profondi di nero allargano lo sguardo, e in questa linea narrativa l’osservazione resta radicata e radicale, benché vasta, totalmente slargata. Nel terzo movimento, infine, Mauro Marino sfiora l’amore, la sua fatica. Tu eri l’argine/ la contentezza, la vita ritrovata/ il ridere aperto/ La mia foto è ancora là?/ ”Scrittoio” adesso ancora/ il cuore non slaccia/ Sta stretto in ciò che non sa. 

La relazione con l’altro diventa laboratorio di conoscenza, pratica condivisa che non è solo sentimentale ma anche politica. Il percorso d’amore coincide con la costruzione di un saldo, intenerito, impianto valoriale, nel quale tornano i temi amati della verità, dell’onesta, dell’inclusione. Nessuna nostalgia, dietro questa apertura all’altro nel tempo che cambia. Le cose della casa celebrano l’incontro, scrive. Perché incontrarsi è necessario. Non è un caso, dicevo, che sia accaduto anche a me, vent’anni fa. La poesia di Mauro Marino racconta un cammino, attraverso le impronte che quel cammino lascia. Non so dire se si chiami anima il luogo in cui certe impronte resistono, ma so che il luogo della sua poesia è esattamente quello. Una poesia che prende posizione e, là dove arriva, accende falò; grazie alla sapienza di un’osservazione antica, scrupolosa e appassionata, questo poetare genera echi collettivi. Incontrarsi, trovarsi, riconoscersi in questa raccolta è inevitabile. 

* “l'immaginazione” n° 319 settembre-ottobre 2020, Manni Editori

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Mauro Marino, vent’anni di poesia impegnata
di Enzo Mansueto*

Chiunque abbia raggiunto Lecce sulle vie della poesia, negli ultimi anni, ha incontrato Mauro Marino. Infaticabile operatore culturale, in molteplici modi e residenze, come punto centrifugo il coordinamento delle attività dell’Associazione Culturale Fondo Verri, la cui piccola sede nel centro storico è il luogo di indimenticabili performance nelle quali la parola versificata si è fatta viva.
Ecco, è tutto qui il senso della poesia per Mauro Marino, un concetto sintetizzato nella quarta di copertina della sua raccolta antologica Di politica e d’amore 2000-2020 (Spagine-Fondo Verri edizioni, Lecce 2020, pp. 146, euro 10): «la porta aperta, la norma delle pratiche sinora create. Poesia viva, da persona a persona, quello il fronte preferito, atti di costruzione, minimi a volte per una semina non sempre riuscita». Questa passione per le pratiche concrete, collettive, performative, ha visto Marino protagonista di esperienze importanti per la crescita culturale regionale, dalla residenza dell’Osservatorio Nomade nella Masseria Torcito al Fondo Verri, dalla Collaborazione con i Cantieri teatrali Koreja al coordinamento della sezione letteraria della Biennale Giovani del Mediterraneo Bari 2008. Teatro, giornalismo, l’impegno sul fronte della prevenzione e della cura del disagio giovanile hanno arricchito la sua esperienza. 

I giorni del lookdown sono stati occasione di ripensamento, riscoperta, consuntivo. In quei recenti mesi di clausura, che, tra l’altro, hanno messo il bavaglio alla amata voce viva, rideclinata semmai nelle forme digitali di un’oralità secondaria, Marino ha scartabellato tra le sue carte , ritrovando due decenni di vita, tracciati in versi, ora riemersi. La marginalità, talvolta occasionale, della parola scritta, si è ripresa la scena, complice l’inedito silenzio circostante. 

In queste pagine intense troviamo tutta la vita, privata e collettiva, dell’autore, le gioie e i dolori. Le cose minute della quotidianità, si fanno, agli occhi del poeta, tracce dell’irripetibilità dell’esistenza: «Una scopa non è solo una scopa/ se la penei in quanto ti ha servito/ per quanto ti ha accompagnato/ nei giri di danza per far pulita la casa./ Una scopa non è solo una scopa/ se la pensi per tutto e in tutto il tempo/ che è stata la scopa della tua casa». 

La voce del vivente trasuda da queste partiture di lettera morta, con parole che si spogliano di vanità letterarie per ricercare invece una umana comunicazione di politica e d’amore. 

* Corriere del Mezzogiorno, 15 agosto 2020

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Vent’anni d’amore, politica e di poesia “terapeutica”
di Rossano Astremo*

“Di politica e d’amore” (Spagine, 2020) raccoglie oltre vent’anni di poesia di Mauro Marino, operatore culturale leccese, allievo di Danilo Dolci e responsabile delle attività dell’associazione culturale Fondo Verri, nata con l’obiettivo di portare avanti il lavoro di militanza artistica del compianto scrittore di Caprarica Antonio L. Verri. 

Il titolo della raccolta definisce in maniera chiara e inequivocabile i due poli tematici attorno a cui ruotano i versi in essa inclusi: l’impegno politico e le riflessioni sul senso dell’amore, quindi, sono il fil rouge che danno ritmo all’esistenza del poeta. Ciò che emerge nei versi di Marino è un totale salto in avanti rispetto ad una concezione della poesia ben ordinata nel suo pacchetto metrico e stilistico e un assoluto lasciarsi andare della parola che diviene potente meccanismo terapeutico e terreno sul quale poter spargere i semi dello stato sorgivo del proprio essere: “Esisto io/ metto un passo dietro l’altro/ con scarpe di gomma/ con passo felpato/ vado, nell’ascolto/ nel fragore del mondo. // Esisto io/ in questa attenzione che vuole cambiamenti,/ quel necessario/ portare respiri”. 

È una poesia volta alla continua ricerca interiore, dove i presupposti di un approccio formale al testo vengono sfibrati e allentati per supportare la sensibile logica di una esasperata profondità dell’essere: “La vita poetica/ è nello strazio del non. // Nella mancanza! // Nel vuoto che ascolta/ vengono le parole/ fanno sussurro. A volte gridano”. Questo mondo interiore che continuamente è auscultato dal poeta non si fa mai stanza chiusa, confinamento invalicabile e afasico, ma si pone sempre in dialogo con altro. 

La poesia di Marino è un costante viaggio tra dentro e fuori, la sua esperienza si fa sguardo, ascolto, cura verso gli altri da sé. “Mi innamoro dell’idea dell’amore/ e vorrei perdermi/ nell’abbandono con te/ lasciare l’ormeggio/ e fare carezza di vento/ vibrare d’emozione e di sensi”: ecco versi d’amore che sovente appaiono nel corso delle pagine a sancire l’importanza di questo sentimento nella vita del poeta. L’amore, spesso, però, è declinato in una logica più ampia, in una dimensione non solamente personale, ma lateralmente politica. “Son venuto qui/ con asciugamani rosso cupo/ con Vespa rossa/ e l’Unità sul petto, sotto la giubba/ a proteggere/ come l’antico andare”: questa la sua appartenenza politica, la sua storia, che lo porta a fare anche della scrittura in versi un viatico per raccontare il mondo che lo circonda e la sua idea di impegno, la sua visione: “Promuovere il territorio significa/ sensibilizzare/ cambiar l’animo agli amministratori”. “Di politica e d’amore” è una raccolta che va letta come testimonianza autobiografica di un uomo che ha fatto della poesia non solo una pratica di scrittura, ma un modo profondo di essere presente nel mondo. 

* “Nuovo Quotidiano di Puglia”, 22 luglio 2020

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Caro Mauro, la voce l’ho trovata. Una voce intensa e vibrante.
Ho letto il tuo libro tutto d’un fiato, perché così si fa leggere, senza intoppi, senza tentennamenti.
L’ho letto come un lungo racconto interiore, mai noioso, mai pedante e dove l’io che parla e si mette a nudo, via via si trasforma quasi in un racconto corale, come se sul filo della narrazione si sentisse una eco che risuona di pagina in pagina e che dipana lenta tutte le sue voci.
Mi piace come muovi questo sguardo sul reale, che è insieme discreto e prorompente, mediano e a volte urlato. Mi piacciono i salti emotivi e come essi influenzano la forma espressiva.
Un’altra cosa: nonostante sia costante un interrogarsi e ci sia questo piglio poetico dell’analisi, non c’è mai un decadere nel nero pessimismo, mai un crogiolarsi nel proprio io come racconto fine a se stesso, mai un inutile e insensato sfogatoio, ma sguardo aperto, lucido, che raramente mette l’amaro in bocca, ma che lascia aperte luci e soluzioni.
Io ora l’ho letto d’un fiato, ma poi lo rileggerò ancora perché, secondo me, è fra quei testi che si tengono vicini perché ci parlano sempre.
Sono contenta e ti prenoto subito una copia perché mi servirà per le mie annotazioni a margine.

Un caro saluto e a presto.

Marilena Cataldini
[e.mail, domenica 5 luglio 2020]

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Bello, ho letto tutte le tue poesie e ti ho ritrovato in tutte, in particolare (ovviamente) nelle ultime. Usavi la parola “condividere” già nel 2004, altro che Facebook. Ti meriti un premio anche per essere riuscito a mettere la parola “amministratori” in una poesia. Tutto molto bello.

Marina Greco
[Su Wapp, 8 giugno 2020]

Lettere che formano parole, che generano versi, che si inanellano in poesie pazienti, rimaste sparse (alcune anche vent'anni), aspettando. Per fortuna stavolta Godot è arrivato e i versi di Mauro Marino hanno incontrato la luce chiara e pulita della carta. Impresse nelle pagine "Di politica e d'amore 2000 - 2020" (Spagine - Fondo Verri edizioni, Lecce, 2020).
La sua copertina è già voce, dà l'idea che una sull'altra quelle lettere siano un unico filo. Il gomitolo di parole che Mauro durante il periodo dell'#iorestoacasa ha districato. Mesi in cui per alcuni di noi la poesia è stata conforto, più che mai necessaria ad accarezzare le nostre preoccupazioni, ad ammorbidire i nostri sguardi davanti agli specchi, indecisi nel chiederci se non fossimo più noi o se il vero no, invece, fosse proprio quello. «Serve foglio e inchiostro, voce di teatro, voce di poeta in sfilata di strada, povere tecniche di coscienza per allenare la presenza. per esserci. Mai più soltanto Io». Grazie Mauro, per le tue poesie e per quello che sei, infaticabile motivatore, sensibile ascoltatore di animi inquieti, propulsore di idee e iniziative. Grazie per il tuo dono, il più bello ricevuto quest'anno.

Marina Greco
[Messanger, giugno 2020]