Francesco Pasca, Otranto 1480...

 


di Marcello Buttazzo -

Francesco Pasca ha inseguito un sogno e ha narrato con il consueto incedere elegante. L’Autore si cala intimamente nell’anno 1480. E ad Otranto, fra le Mura palpitanti di vita, si svolgono gli eventi, si succedono gli accadimenti. L’Albero della Vita spinge i protagonisti ad auscultare il proprio sé, ad interrogarsi fittamente sul mistero della difficile esistenza dell’io. Francesco Pasca impiega solidi riferimenti storici, che cementifica con allettanti rimandi letterari. La sua nuova narrazione “La caduta degli Dei. Ovvero: la difficile esistenza dell’io”, edita da Spagine del Fondo Verri, è un percorso virtuoso, ancorato, per un verso, alla realtà storica; per altri aspetti, è un racconto che scorre come un flumen, seguendo il barchetto azzurrato e immaginifico della scrittura di Francesco.

I protagonisti sono Colangelo, Assunta, Idrusa, presi in prestito da Maria Corti, dal suo romanzo “L’Ora di Tutti”. Pasca scrive: “La Corti m’ha servito la Storia, bandita e predisposta sugli spalti, per lo scalfire e lo scrivere. La Corti m’ha concesso la fisicità necessaria per la dinamica determinazione d’un inizio”.

Ma poi Francesco ha dato alito d’essenza ai suoi personaggi, liberi di correre attorno al sacrario della vita e della morte. Tutto evolve come un fiume in movimento, un fiume di Vita, Amore, Morte. E le “Mura Otrantine” diventano il fulcro.

Un altro aspetto che Francesco cristallizza come un luogo fisico, che si tocca, è il tempo. Il tempo si mischia alle tessere d’un mosaico. E la risultante alchemica è magica. C’è un fatto storico, ovviamente, che batte e ribatte: l’espugnazione delle mura da parte del popolo Ottomano. L’obiettivo finale è la strenua difesa, la salvezza. Le mura devono essere protette. Assunta e Idrusa e il pesatore- guerriero Colangelo vogliono proteggere le mura, che sono storia, tutta una storia. Ma oltre alla notazione realmente storica, ne “La Caduta degli Dei”, prevale la “pittura” trasognata e di sogno di Francesco Pasca, che tratteggia con mano poetica miti, leggende, vicende.

E poi c’è come un’aura di bellezza: quell’Albero della Vita, che è palpitante testimonianza per chi abbia voglia di comprendere. Francesco Pasca, che nel 1979 ha aderito al manifesto della Singlossia, ne “La caduta degli Dei”, segue la sua cifra narrativa inerente, complessa, affascinante perché ricca di pura poesia: 

…Vorrei te, d’ombre gli stormi, in corvini neri capelli
e in capezzoli da baciare.
Vorrei le mie mani pazienti nel sostare e unire i segni ai tuoi.
Vorrei te, come tempo, come la barca del pescatore,
sul fondo del mio mare…

L’essenza dello scrivere di Francesco è multifattoriale. Descrizioni letterarie, storiche, geometriche, matematiche, come sezioni auree di fatti, ci appaiono come segni caratteristici d’uno stile, che s’è sublimato col tempo. Mauro Marino ha affermato: “Francesco Pasca è trasversale, è uomo della coniugazione, dell’attraversamento, un pellegrino delle arti che nelle arti trova le essenze da distillare ora con la sua scrittura, ora con la ricerca visuale; sempre la poesia a far d’alambicco”. I vissuti degli artisti, ovviamente, sono fondamentali, dirimenti. La confidenza di Francesco con l’arte, con la geometria, con la scrittura, con lo studio degli astri, si riverbera in tutti i suoi scritti. Un ultimo aspetto che vorrei cogliere è che, a un certo punto, “La Caduta degli Dei” diventa un’”esplosione” di stelle, una Cosmogenesi da vivere fra le pagine.