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Per una donna nel Settecento non doveva essere facile
restare relegata tra le mura domestiche ed occuparsi esclusivamente delle
faccende, della casa e della famiglia senza avere altri interessi di sorta e,
anche se proprio in questo periodo si ebbe una rivalutazione del ruolo di
molte donne importanti del settecento, non ci deve far credere che esso fosse
un secolo in cui figure femminili abbian potuto cominciare ad imporsi
all’attenzione al punto da modificare la considerazione generale che si aveva
del ‘gentil sesso’.1
Marianna Elmo, Deposizione, Museo S. Castromediano, Lecce |
La donna che
cercava di emanciparsi, in quel contesto storico, era discriminata anche
all’interno dello stesso mondo femminile e guardata con diffidenza anche dagli
uomini. Il suo fare ed essere perbene doveva rientrare entro precisi schemi:
figlia, sposa, madre. Ella non poteva pensare ad un suo destino autonomo, né
avere speranza di guardare altri orizzonti, al massimo poteva sognare, appunto,
ricamando.
Nel Salento la
situazione per la donna non doveva cambiare di molto in quel periodo,
sicuramente, era ancora più invisa quando fuoriusciva dai canoni tradizionali,
è forse proprio questo il motivo d’oblio delle donne salentine che pure,
all’epoca, si distinsero nelle arti e nella letteratura. Di queste tacite figure
ogni tanto si rinviene qualche opera, ma non vi è traccia alcuna nei documenti
o se qualche segno si riesce a trovare è vacuo ed incompleto. In questa
situazione troviamo una donna salentina, Marianna Elmo, che nel Settecento si
distinse in una tecnica-ricamo particolare: il filo incollato.
Di quest’artista
si sa pochissimo, se non che era figlia del famoso pittore salentino Serafino
Elmo (notizie fondo pagina). La sua è una biografia molto breve, come
d’altronde succedeva alle tante artiste donne del passato.
L’arte o tecnica del filo incollato più che un
ricamo era un collage di fili, per lo più di seta, di vario colore. Consisteva
nella preparazione di una base (di solito cartone) su cui veniva spalmato uno
strato uniforme di cera d’api dove, a caldo, venivano
fissati con infinita pazienza e perizia i fili di seta multicolori
[…] servendosi,
presumibilmente di uno strumento acuminato – i fili di seta policroma, d’oro,
d’argento, o d’argento dorato. Questi, applicati seguendo semplici tracciati
rettilinei in “andata e ritorno”, o tracciati a volte molto complessi, a volute
o tornanti, creavano i fondi della scena, i paesaggi, i panneggi che
rivestivano le figure. Ne restavano fuori alcuni particolari
descrittivi e, pressoché invariabilmente, le parti anatomiche “a vista” dei
personaggi (volti, capelli, braccia, gambe, mani, piedi, […] che venivano
eseguite a parte, dipingendo a tempera (talvolta ad acquerello) del raso di
seta.[…]2
Marianna Elmo, Museo S. Castromediano, Lecce |
Marianna divenne figura prestigiosa nella celebre
scuola di ricamatori leccesi insieme a Leonardo Quesi e ai fratelli Angelo e
Gaetano Pati. Le sue opere furono rinomate nel Salento, ma ebbero maggiore
diffusione soprattutto nella zona di Napoli e proprio a Napoli, nel Museo di
San Martino, si conserva una sua importante opera: La fuga in Egitto.
Un certo numero di
sue opere sono attualmente custodite nel Museo Provinciale Sigismondo
Castromediano di Lecce. Si ringrazia la direzione dell’istituzione per avermi
consentito di fotografare i pregevoli manufatti di seguito rappresentati.
Marianna Elmo, San Luigi, S. Castromediano, Lecce |
Per la serie nemo propheta in patria va rilevato come
il rinnovato interesse per l’opera dell’artista leccese ha trovato attestazione
in note realizzazioni tra cui spicca L’arte delle donne, dal Rinascimento
al Surrealismo (Palazzo Reale, Milano, 2007-2008).
Il ricamo di opere
dipinte famose lo ritroviamo sin dalla metà del Cinquecento, anche se non
sappiamo di che tipo di ricamo si trattasse. Nel Convento di S. Anna a Venezia
intorno a quel periodo divennero monache Alturia e Perina, le due figlie del
famoso pittore Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, che per la Sala dell’albergo
Scuola di San Rocco aveva dipinto, tra le altre, una Crocifissione.
Proprio questa
vollero ricamare le figlie per il palio d’altare della loro chiesa. Si racconta
che alla fine del lavoro una delle due sorelle divenne cieca.
“Serafino Elmo nacque
a Lecce nel maggio del 1696 e muore nella sua villetta della Cupa nel novembre
del 1777 all’età di ottantuno anni (fonte 1).
Personalità non di primissimo piano, e tuttavia niente affatto trascurabile
nell’ambito delle vicende dell’arte nel Salento in Età Moderna, il pittore
leccese Serafino Elmo compare sulla scena artistica locale nei primi decenni
del Settecento. La sua lunga e proficua attività, che attraversa gran parte del
secolo qualifica il gusto e le tendenze artistiche di una realtà periferica del
Regno.”
1 Carlo Pancera, L’educazione dei figli, v. IV, Lanuova
Italia, Scandicci, 1999.
2 Clara Gelao, Tecnica pugliese in Europa. Tra Re,
Santi e Madonne dipinti con fili di seta, in Gazzetta del Mezzogiorno,
numero del 13 agosto 2010.