Salvatore Toma, bellezza da dissodare


Le poesie di Salvatore Toma in un unico volume edito da Musicaos


MI VIENE DA RIDERE

Mi vien da ridere
perché in fondo ci godo.
Il mio cuore (chiamiamolo
così questo effervescente ascoltare)
impazzisce. Non c'è niente da fare.
Al lusso allo star bene si mesce
la più desolante povertà
il paese è come la città
non ci resta che la mente
il sogno proibito
il blaterare placido
e corretto della sopravvivenza.

8.8.1981

di Mauro Marino

Finalmente una bella notizia: nei giorni dell’#iorestoacasa è nato un libro! Finalmente possiamo leggere tutte le poesie di Salvatore Toma in un unico volume. Dopo Girolamo Comi e Vittorio Pagano editi nella collana “Testi”, dopo Claudia Ruggeri pubblicata nella collana “Fogli di Vita” (diretta da Simone Giorgino e Fabio Moliterni), ecco da Musicaos, nella stessa collana, “Poesie (1970 – 1983)”, libro che raccoglie l’opera del poeta nato Maglie l’11 maggio del 1951 “in una famiglia di fiorai” e scomparso, a 35 anni, il 17 marzo del 1987.
La raccolta introdotta dal curatore-editore Luciano Pagano si apre con gli interventi di Benedetta Maria Ala, Lorenzo Antonazzo, Annalucia Cudazzo e si chiude con una ricognizione della “Fortuna critica di Salvatore Toma” curata da Simone Giorgio. Un’opera necessaria, pensata e costruita, in un virtuoso laboratorio: il Centro di ricerca PENS – Poesia Contemporanea e Nuove Scritture dell’Università del Salento con il supporto di Paola Antonucci, moglie del poeta, che ha reso disponibili i materiali editi, inediti e autografi del poeta.

Un’opera che il destino ha voluto far nascere in questo tempo di attesa, di pausa come se l’ansia e le parole di Toma, il suo piglio morale, potessero essere ammonimento e viatico per i giorni che verranno, per un Futuro che certo dovrà far tesoro dell’esperienza dei suoi “poeti” se vorrà configurarsi altro, diverso, da quello miseramente crollato per l’invadenza di un virus. Un “mostro” frutto della cieca corsa all’usura della natura e del patrimonio umano perpetrato dalla follia di una politica e di una finanza volte solo al profitto e non alla tutela della Terra, della Natura, del Bene Comune. Temi della poesia di Toma, della sua irrequietezza esistenziale; una condizione che lo fa poeta già giovanissimo, ispirato da un’innata attrazione per la scrittura. Gioca con la lingua, Toma, affinando la sua irriverenza, il suo spirito beffardo, la sua necessità di estraniare il proprio sentire in una prolifica fuga che sceglie come alleata la fiabazione: egli è uomo animale, uomo albero, uomo uccello, egli è pura natura. Polemista ma anche profondamente autoironico, come se il prendersi gioco di se servisse a disincantare ogni possibile spinta nichilista, egli è sempre presente al Mondo, sferzante, consapevole “nella volontà di non rassegnarsi a una realtà devastata da un frenetico mutamento sociale e da una imperversante corruzione dei valori”.

La copertina del libro edito da Musicaos

Un’opera che - sistemando i diversi approcci critici all’opera di Salvatore Toma – apre la possibilità di elaborare un nuovo sguardo sulla storia letteraria del poeta, sulla sua vita e sul vitalismo che lo ha animato, proprio di chi, nonostante tutto, resiste, cerca respiro, spazio alla propria necessità espressiva. S’è molto detto e scritto del suo maledettismo, sinceramente non credo che sia questa la cifra per comprendere il suo contributo di uomo e di poeta. Una “mitizzazione” che certo è servita a renderlo noto, condiviso, che l’ha portato (unico salentino) - per l’artificio costruito da Maria Corti con il “Canzoniere della Morte” - nella prestigiosa collana bianca di Einaudi e da lì ad una nicchia sempre più popolata di estimatori. Ma Toma è molto di più, Toma è inclassificabile, un autentico outsider, come scrive Antonio Verri, suo generosissimo sodale, Toma è:

«(…) poeta fine che difficilmente cede alle mode e bizzarro e fantasioso e quanto mai stravagante”. Toma è un colossale bagno di trovate, è il poeta che da sempre ha capito tutto e vola su tutte le manovre di imbottigliamento, sulle invidiuzze di qualche sciocco amico, come sulle cretinerie dei celebrati e venerati potenti di ogni luogo. Toma è feroce, è sanguinario come tutti i veri poeti e come tutti i veri poeti ha il diritto di mandare al diavolo un po' di gente; Toma è un io che vince, dolorosamente ma vince, che sovrasta dall'alto di una quercia secolare; Toma è un batuffolo di ironia e di smaliziato candore, Toma è di una ironia favolosa (provate a guardare nei carteggi dei più grossi poeti e scrittori, troverete sberleffi pazzeschi, trovate esilaranti), sa inventarsi di tutto e di tutti con allegria e meraviglia; come tutti i veri poeti ha carisma, ha potere sulla vita e sulla morte di ognuno; può avere, è un suo diritto, armonia e tenerezze e aspri giudizi per tutti; può ridere di te, volare apparentemente sereno, dire sciocchi, odiare chi odia gli ubriaconi, gli emigranti, i diseredati che puzzano; può essere un bambinone, può avere ossessioni erotiche, può canzonarti quando gli pare, può scappare dai suoi e tornare con detti stravaganti, con astuzie candide e sanguigne.
Quante cose! Troppe. Cose pensate in motorino, il più delle volte dietro un bulbo da suo padre fioraio, per rompere, per cercare di rompere il magone di una vita senza ruolo, le cose idiote che ti circondano... o forse solamente la paura della morte, della vecchia con la falce e col ghigno. Toma è anche uno che sa godere, ha capito benissimo che la poesia è qualcosa che si consuma in un attimo, con voluttà, con intensità, con dolcezze, di quelle "che fanno vergognare il Paradiso" per intenderci; Toma è un animale d'assalto e di rientro, sicuro, scaltro, triste, allegro, pieno di tremori inaspettati, e poi rivoltato, costretto, annientato "da questa civiltà simile alle periferie, piena di barattoli, di plastiche, di scarpe vecchie, di bambole spezzate, di fumo, di puzze, di cadaveri di cani bruciacchiati"».

E ancora con Verri, Toma è

«Bellezza da dissodare. Un poeta che muore si porta via una grossa fetta di terra. Poi man mano si ricomincia a costruire. Si ricomincia con gli atlanti, nuove carte, nuove mappe. Qualcuno cerca di vincere l’ombra, chiede ragione, fa domande, costruisce…».


 Qesto è "Poesie (1970 - 1983)" un utile e prezioso pretesto per tornare a Salvatore Toma.