Giuseppe Fioschi, l’io è un noi



La poesia è fuga, è erranza. Ce l’ha detto il "camminante" Dino Campana e tanti altri che, se non muovevano i piedi, certo in movimento avevano l’animo, la meraviglia e l’incastro delle parole: mobile pure quello, libero nel canto, solo utile a tendere il filo dello stupore a far regola a ciò che regola non vuole avere.
Scrive Paul Celan: “La lingua possiede qualcosa di personificabile e percettibile coi sensi. Percepire il linguaggio come figura, direzione, respiro: cercare, cercarsi, dare materia all’accorgersi, allo stupore di un sé lasciato all’inessenziale, indietro…”. Allora, farlo corpo quello stupore! “Come persona cerco me persona in vista del luogo della poesia, del suo farsi libera, del passo in avanti” della sua continua erranza.

Nel tempo, ormai lungo, trascorso con Giuseppe Fioschi - lui più che camminando la strada la “consuma” pedalando  - ho avuto la conferma che la poesia e i poeti servono a scrivere la vita: la via possibile per compiere la vita. A scovare tracce, servono i poeti!  A segnare lo spazio, a recuperarlo dall’oblio e dalla nostalgia. Dalle malìe di quanti dimenticano le parole, scordano la melodia e fanno finta di non sapere o chiudono gli occhi per non sentirsi responsabili.
Abbiamo "imparato" che è cruda la poesia quando insegue, scrive il reale, il quotidiano e ciò che lo trascende. Ti dice in faccia, senza fronzoli ciò che è e ciò che non è. Non ha mai paura, la poesia; non ha mai paura, il poeta. È urlo, la poesia. Urto, scontro! Pura Libertà!
Così è, così è da sperare sempre sia la poesia e il poeta: un coraggioso capace di guardare la polvere nascosta sotto il tappeto della consuetudine. Guardala per decifrarne i resti, l’origine, il primo canto dove dorme la speranza di un risveglio.
Un messaggio importante trasmesso e condiviso, che sollecita e motiva non solo il temperamento poetico, l’inclinazione o la vocazione ma l’intero crescere personale.
“Scrivere è il contrario di parlare” sostiene la filosofa Marìa Zambrano “si parla per soddisfare una necessità momentanea, immediata e parlando ci rendiamo prigionieri di ciò che abbiamo pronunciato; nello scrivere, invece, si trova liberazione e durevolezza”. Ecco: salvare le parole dalla loro esistenza momentanea, transitoria e condurle verso ciò che è durevole, è il compito di chi scrive, l’esercizio del poeta, l’esercizio di Giuseppe.
Poi, l’altro compito: trovare il peso della voce, il canto, l’atto che comunica, va all’altro. L’ebbrezza poetica originaria, l’impeto, la forza rivelatrice del tutto e del niente, la volubilità di un gioco, il salto, la corsa… ogni vertigine. Il graffio, la ferita scorticata e la cura per sanarla. La mira dell’andare e il pugno che si stringe nel ritorno. Trovare un palco, un’alzata, un gradino, un niente e declamare, spiegare il verso al vento che lo porti a chi non sente. A chi si ostina muto a credere e a non credere nella terra di mezzo del senso, dell’ascolto, dell’accogliere… Del dubbio. Di questo abbiamo bisogno, di farci “capaci”, pagina bianca… solo quella può contenere un futuro possibile, solo quella un’altra voce! Un altro noi… Quel io/noi Giuseppe persegue, scovandolo nello stupore custodito dall’incontro con le cose, con la natura, con il dubbio della vita.
 
Mauro Marino

Giuseppe Fioschi
Tra l’attimo e l’infinito - Poesie
(Spagine fondo Verri edizioni, 2019)
Note di lettura di Mauro Marino e Marcello Buttazzo





Giuseppe Fioschi, è nato a Lecce il 24 agosto del 1966, vive e lavora a San Pietro in Lama. La sua scrittura nasce da una profonda passione per la lettura, un attaccamento ai libri unito a quello per la bicicletta e all’attività fisica. Suoi testi sono stati pubblicati nelle raccolte “Storiarsi. Racconti dal Ser.T di Lecce” (2011),La voce e il racconto di sé. Scritture dalla Casa Circondariale di Borgo San Nicola e dai Ser.T di Lecce e San Cesario di Lecce” (2015) e la raccolta di versi “Il Coraggio di cambiare” (2016) pubblicati a cura del Fondo Verri. Scritti densi di vissuto, di vita spinta al limite, di travagli esistenziali, di mancanze, di conquiste e di riscatti. Scritti maturati nella lunga esperienza di detenzione vissuta dall’autore.
La parola, per Giuseppe Fioschi, s’è fatta strumento di chiarimento e di speranza. Una “parola destino” nel suo trovare futuro dove pare futuro non possa esserci. Parola che s’è fatta scrittura, pagina, libro. Oggi Giuseppe Fioschi ha completamente “pagato” i suoi conti con la giustizia, è un uomo libero. La sua vicenda dimostra come un riscatto è possibile, la costruzione di un'altra vita è possibile. Una conquista per chi ha volontà nel desiderio del cambiamento. Le parole scritte servono a questo. Fanno sedimento, humus al prossimo seme. Donano chiarezza dove prima regnava la confusione e il non detto ruggiva nel confronto con il sé e con la paura.