Solo uno sguardo e via, senza essere visti



















L' estate è alle porte, il vento malgrado la pioggia soffia tiepido, latore di più calde promesse, l’annuncio tanto atteso di un prossimo pienone turistico non c’è, non è mai arrivato. Le località balneari sono vuote o quasi, nessun temerario ha provato a fare il classico bagno fuori stagione, gli alberghi di lusso sono chiusi, hanno serrato le loro luminarie. Le strade sono vuote, nonostante sulle nostre coste si registri un pienone

“ balcanico ” che sfida la notte, il maltempo, le mareggiate… devono farlo! Il “tutto esaurito” dell’anno scorso è solo un ricordo sbiadito, così tutti i gran signori della s.p.a. alberghiera si ritrovano soli fra loro. Manca un politico in vacanza, la Puglia quindi sarà spopolata, avranno avuto paura a causa di quella faccenda del Kosovo ?

E visto che siamo uomini di questo tempo e che si ritiene che l’autodeterminazione dei popoli va avanti per la sua strada, anche da sé, qualcuno che forse ha voglia di tornare a sogni più semplici, mi chiede cosa c’è da vedere a Badisco.

La domanda mi fa viaggiare al di là dei limiti cronologici tra i sottili fili che compongono la spessa trama della memoria.

Arrivo a Badisco, nella quiete del suo azzurro, quasi non vorrei calpestare il silenzio del verde che tenta di occultare alla vista le rocce che appena ricopre. E sulle volte di un mondo sommerso cammino con passi che mi sembrano troppo pesanti. Bisogna aver rispetto del silenzio di questi luoghi, far in modo che la nostra intrusione sia lieve, uno sguardo e via, senza essere visti. Siamo all’interno della Grotta del Cervo dove decine di millenni A. C. gli uomini che vivevano di caccia e raccolta occasionale di frutta selvatica già conoscevano il valore dell’ immagine.

Sono immagini ( circa tremila ) di animali selvatici dipinte sulle pareti e sulle volte della grotta ritenuta sacra, tracciate con le dita o con strumenti rudimentali, con i pochi colori a disposizione ( terre, carbone… ).

Sono visioni rapide come rapido fu il gesto del cacciatore che fermò la corsa del cervo nella radura, immediate come l’apparizione improvvisa dell’animale al di fuori della macchia.

Questo è il fascino magico della grotta.

L’uomo era talmente involuto da considerare l’animale per quello che era, una vita sacra di per sé.

L’ uomo della Grotta del Cervo in battaglia si identificava con l’animale, entrambi prede, entrambi cacciatori, la vita di entrambi dipendeva dall’esito dell’ incontro nella radura.

Tramite la magia del segno il cacciatore, prefigurava sulle pareti della grotta santuario, l’evento auspicato per sottrarlo al caso, così la sua speranza si trasformava in un progetto d’ azione.

“ Si, ma cosa c’è da vedere a Badisco “? Mi chiede il mio interlocutore.

“ Niente, niente “ Rispondo.

Cosa vuoi vedere con gli occhi nel regno dell’oblio, perché questo è Badisco, puoi vederlo solo con gli occhi dell’anima, perché Badisco non è più qui, non sta più in Puglia,ha preso il treno per Firenze con le sue memorie.

C’è l’ hanno sottratto per sezionarlo con cinico accademismo.

Forse il popolo dei Balcani cercherà lì il suo rifugio dalla guerra, come decine di millenni

A. C., in quelle grotte, nelle grotte della dimenticanza.

... Ricorda, solo uno sguardo e via senza essere visti.



Rosanna Gesualdo 25 aprile 2005