di Vito Antonio Conte
Ho di fronte
un manifesto, non un poster, proprio un manifesto cartaceo che, per definizione,
è
un foglio di carta stampato che si affigge in un luogo pubblico allo scopo di
comunicare qualcosa o fare pubblicità. In questo caso il luogo è privato e il
fine è, fuor di dubbio, quello di comunicare qualcosa. Chi, quest’anno, l’ha
fatto realizzare, ha detto, in un altro tempo, di sé o del suo fare: … il mio corpo muoversi, sparire dietro la
pupilla?, - Scrivere è una lontananza.
- La rivoluzione è un gioco senza parole
e non si vince e non si perde: stralci di pensieri, pensieri d’esistenza,
esistenza fermata in poesia.
In una intervista, poco più di due anni fa, alla
domanda: Come ti vedi fra cinque anni? E fra venti? Ha risposto: Sempre più pratica, riflessiva e veloce,
spero. Con delusioni cresciute di un numero bastevole per farcela, a migliorare
le cose. E un po’ bambina come ora.
Il manifesto (70 x50) l’ho ritirato (su
suo invito) il 27.5.2020 da ERGOT
(che, per chi non lo sapesse, è una libreria altra di Lecce, non un’altra
libreria, ma proprio una libreria altra). Il rosso intorno alla rosa (bocciolo)
che si staglia sul plumbeo del cielo e di un quarto piano d’un grigio palazzo
con ambizione d’essere celeste, più celeste d’una fredda città...
La sua è una poesia che rotola, di parole
capriole. Presa dal fantastico racconto che sfonda il giorno, la lingua, ogni
ordinario. Parola gioco e vertigine: accolta, presa da un flusso visionario,
mischia luoghi e spostamenti e fughe. Questo è
quanto ha scritto Mauro Marino a proposito del versificare di… ve lo dirò dopo.
È ironica, a volte infantile, a volte donna, dolente quando
ci vuole, scanzonata e mai banale. La sua poesia è un vortice
d’immaginazione pura. E queste sono le parole di Rossano Astremo, sempre riferite
alla poesia di… tra poco saprete di chi.
Per intanto, sappiate che non si limita a poetare, ma si tratta di una personalità poliedrica che guarda e annota il mondo a tutto tondo (ma anche a tutto quadro, a tutto triangolo…). È una copywriter, ha un progetto che si chiama Assai Magazine traverso il quale narra storie di bellezza, cura e innovazione in Italia, guidando piccole realtà a focalizzare e far emergere i propri valori raccontandoli sul web, ma non solo. Il suo è un lavoro da freelance per resilienza e voglia d’indipendenza. Vive e lavora nel Salento; ha studiato comunicazione; sul web (tra gli altri, ricordo valvolamitralika e granbelblog) si possono trovare (anche) le raccolte poetiche Lettere lontanissime, Prepararsi a tutto, Plancton, La razza della luce: si tratta d’una scrittura densa di folgorazioni, scaturente d’una commistione di codici, non priva d’incursioni sperimentali in campi diversi dalla parola scritta (che risente dei canoni della poesia verbo-visiva, dei reading, delle arti della fotografia e della musica bandistica: mescolanza di generi, dunque, con l’anelito rivoluzionario a sovvertire quei canoni). I corsivi dell’incipit di questo pezzo sono stati spesi a proposito dell’accidentata pubblicazione cartacea, risalente al 2008, della sua prima raccolta di versi: Il ritorno dell’Ofisauro: un libro che, per uno stravagante scherzo tipografico, è uscito spaginato: la mia copia finisce con una virgola! L’Autrice di tutto ciò (tranne, evidentemente, della stralunata stampa) è Gioia Perrone. Per me solo G(g)ioia!
Mi sentivo non lontana da certe morti strangolate da certi voli stagliati a memoria, così l’ultima pagina de Il ritorno dell’Ofisauro, con una virgola: e sarà anche stata una burla, una beffa tipografica (o proprio dell’Ofisauro, ch’è uno strano animale simile a una lucertola senza zampe, un serpentello apparentato – forse – con l’orbettino), ma (allora, nel 2008) ho pensato che Gioia e quel libro stavano bene insieme: unici! Adesso la sua poesia mi sembra vicina a come presagiva essere lei in quello stralcio d’intervista sopra riferita: più pratica, riflessiva e veloce. E sempre un po’ bambina. Cresce bene Gioia. Anche se ci vediamo da una vita. Cresce bene la sua poesia. Se mi vedi dall’altra parte del vetro / spaccalo. / Inventa l’incendio. / Brucia tutto, / la voglia, la fame, il vuoto. / La fiamma ritardata della stella immacolata. È uno dei versi del manifesto TACCUINO DI GENNAIO 2020.
Pensando a quel ch’è accaduto dopo gennaio, il taccuino è stato addirittura profetico … fatti vento a un millimetro dalla terra che si infetta, scuci il fiume dal drappo, che viri verso questo collo scoperto, bianco di neve…, ha scritto Gioia… Parole e immagini. Le sue parole non hanno bisogno delle immagini. Ne evocano già di per se stesse. Ma il mirabile miscuglio, la sovrapposizione, la sovraesposizione (che alla fotografa dice qualcosa…) delle due dona quella luce che le une o le altre - separatamente - non potrebbero. La sinestesia del leggere e del guardare, poi, dà una dimensione affatto diversa (dove affatto è = a completamente) alla scrittura e all’immagine, provocando in chi guarda leggendo (o chi legge guardando) una sorta di straniamento che soltanto l’arte può e deve dare. Così mentre leggo il tempo che scuote uccide segna cancella accende annacqua e bacia bacia bacia e umilia volteggiando, penso: sì Gioia, lo sai, tu lo sai come fare, sai come fottere il tempo!
Lecce, 28 novembre 2020.
Vito Antonio Conte