Gli aforismi di Vittorino Curci in una nota di Enzo Mansueto

 

di Enzo Mansueto

Con la pubblicazione di una seconda raccolta di aforismi, si completano le riflessioni di Vittorino Curci intorno alla poesia e dintorni:Note sull’arte poetica – Secondo quaderno (Spagine, Lecce 2020, pp. 68, euro 7), infatti, fa il paio con l’omonimo volumetto uscito nella medesima collana due anni fa e ne prosegue la numerazione interna (qui si va dal pensiero 174 al 315).

Si tratta, come premesso, di osservazioni di carattere occasionale, che esaltano la consolidata vena ironica e surreale dell’autore, il quale si concede anche, in un’aria complessiva di disincantata leggerezza, filosofeggiamenti più gravi. A volte, ci troviamo di fronte a note quotidiane a margine di letture o del mestiere poetico, come rivelano alcune citazioni travestite. Si pensi a questa variazione su un noto aforisma di Umberto Eco: «Non è detto che leggere ci consenta di avere una vita più lunga. Una vita più larga, certamente sì».

Non mancano, pur nella bonarietà conviviale del contesto, frecciatine e prese di posizione su questioni forse inflazionate, ma care al lavorìo, anche musicale, di Curci: «I testi dei cantautori stanno alla poesia come le musiche delle loro canzoni stanno alla musica contemporanea». Un’asserzione apparentemente neutrale, se non ovvia, nella quale chiaramente si palesa la posizione radicale dello scrivente, legato a una storia musicale, più che poetica, fatta di poco concilianti estremismi improvvisativi.

La sensibilità del musicista, in stretta relazione all’arte del discorso, emerge in vari pensieri, come in questo, che sembrarecuperare simbolistiche analogie: «Ciò che ci emoziona in una poesia è la magica corrispondenza di senso e suono». Un tema, quello del senso poetico irriducibile al significato razionale, che emerge fulminante in più punti, da quello di apertura, «Il senso di una poesia è più ampio del suo significato», in avanti: «Il senso di una poesia arriva prima che essa venga compresa».

Tali aforismi ci introducono nel laboratorio del poeta Vittorino Curci e hanno il sapore del resoconto provvisorio, con quel tono crepuscolare, a tratti amareggiato,che abbiano conosciuto nelle tarde raccolte: «Un tempo religiosità e spiritualità combaciavano quasi perfettamente. Oggi (sarei tentato di dire: grazie a Dio), non più. Le religioni stanno segnando il passo, la loro inattualità è più che mai evidente. Trovo tuttavia davvero mortificante, quasi una condanna, vivere nella vacuità spirituale dei giorni nostri. Di tutto ciò la prima a soffrirne è la poesia».


*Corriere del Mezzogiorno 13 agosto 2020