Memoria di Rudiae











Foto aerea del sito del grande teatro arcaico di Rudiae

Affinché i leccesi non siano “peggiori degli antichi Saraceni”

Valentino De Luca*

«Rileggendo le pagine che ho scritto in questi otto anni, io mi sento come una stretta al cuore. Molti dei monumenti descritti oggi più non esistono; i moderni non sono, no, peggiori degli antichi Saraceni. Questi almeno distrussero le nostre città e i nostri casali ed abbatterono i monumenti, per soggiogare i loro nemici, e per togliersi ogni ostacolo che si parava davanti. Ma i moderni, ricchi di sapere e di civiltà, freddamente adeguano al suolo i pochi monumenti restati, o ne deliberano la distruzione nelle aule dei consigli municipali, senza curarsi delle grida dei pochi che vedono spegnersi in tal modo i documenti più sfolgoranti della nostra cultura artistica e intellettuale. Osservatelo nei fatti. Nei dintorni di Lecce esisteva un’antica città messapica, indi greca e poi romana, che rispondeva al nome di Rudia; e la contrada dove quella esisteva conserva ancora il nome volgare di Rusce. In questo periodo di tempo quanta distruzione! Moltissime tombe sono state scoperchiate e i cimeli dispersi; le mura di cinta in gran parte atterrate; e l’epitaffio sulla via di S. Pietro in Lama, nel quale si ricordava essere stata questa la patria di Quinto Ennio, è stato anch’esso ridotto in frantumi».

Cosimo De Giorgi, La provincia di Lecce. Bozzetti di viaggio, vol II, Lecce, G. Spacciante, 1888.


Da alcuni mesi gli organi di stampa riportano informazioni circa l’avvio e lo stato dei lavori di scavo sull’area archeologica dell’Antica Rudiae. Un ultimo intervento di Beppe D’Ercole su questo stesso quotidiano, in data 4 maggio u.s., dà notizia del ritrovamento di un “anfiteatro arcaico” come di una “scoperta strabiliante”.

Ben vengano e sinceramente si plaude ai primi risultati di tali scavi, in quanto utili a datare scientificamente per la prima volta la costruzione dell’anfiteatro, “arcaico” e di certo precedente a quello esistente e risalente al II secolo dopo Cristo nell’antica Lupiae, odierna città di Lecce.

Dai primi anni del 1600, importanti storici e conoscitori del Salento, hanno testimoniato che nella zona di Rudiae vi fossero ancora ben visibili i resti di un grande e sontuoso edificio con marmi, sculture, colonne e capitelli. Per lungo tempo, la zona è stata depredata, sconvolta e ne è stato modificato il terreno al punto tale da nascondere e sotterrare molte delle antiche rovine forse ancora presenti nel sottosuolo, impedendo di fatto lo studio archeologico sistematico dell’intera area.

Ad integrazione di una verità storica, è importante conoscere, senza esaltazioni di parte, le tappe cronologiche che hanno segnato negli ultimi quattro secoli la constatazione dell’esistenza dell’anfiteatro rudino.

1607 «Fuori della Città presso le mura, in un luogo, dove oggi si vede il convento dei Frati Scalzi di San Francesco, era a’ tempi passati l’Anfiteatro per gli spettacoli del Popolo, del quale, benche oggi nessuna parte ne sia in piedi, nientedimeno fra le cose guaste, e rovinate ne appariscono alcuni segni. Acquista di ciò fede al vero un Marmo antico ritrovato frà gli edifici sotterranei con la inscrittione che comincia OTTACILLA M. F. SECVNDILLA | AMPHITEATRVM. Non si legge più di questo nel Marmo, non essendo intiero, ma in molte parti spezzato, e lacero, mercè de gli anni, che à lungo andare rodono à guisa di tarlo di ogni cosa. Conservava gli anni addietro questo piccolo Marmo nel suo leggiadretto Museo, degno da vedersi per la varietà di Libri, e di molte cose antiche; il Signor Ottavio Scalfo Medico, e Filosofo singolarissimo, la cui acerba, et immatura morte oscurò una buona parte non solo la gloria delle Muse, ma tolse ancora al Mondo la maniera de i più nobili, e cortesi costumi. Oggi frà la compagnia d’altri Marmi si vede ricoverato dal Signor Vittorio di Priuli gentiluomo Leccese, sottile investigatore delle cose antiche, il quale infiammato di ogni virtuoso pensiero, si rende huomo singolare in ogni maniera d’alto, e liberale mestiere».

Peregrino Scardino (1560-1616), Discorso intorno l’antichità e sito della fedelissima città di Lecce, in Bari, nella Stamperia di Giulio Cesare Vent., 1607.

«Delle reliquie di questa città oggi non si vede altro che rottami di pietre e il sito dell’Anfiteatro; in cui non sono molti anni fu trovato un marmo, che oggi si conserva in casa del signor D. Vittorio Prioli in Lecce, con questa iscrizione: OTTACILLA M. F. SECVNDILLA | AMPHITEATRVM. Non si legge altro che questo nel marmo, non essendo intero ma in molte parti spezzato».

Girolamo Marciano (1571-1628), Descrizione, origini e successi della provincia d'Otranto, Napoli, Stamperia dell’Iride, 1855.

1818 «La topografia dell’antica Rudia, patria di Ennio, vicino Lecce, fu tratta sin dal 1818, da Oronzo Costa [1789-1867], naturalista di Alessano, il quale, fra l’altro scoprì e disegnò il piccolo anfiteatro di Rudia, di cui si vedono ancora oggi gli avanzi nella Villa Aversini-Calabrese».

Luigi Mariano, Il poeta Quinto Ennio nelle orme di Rudia e Lecce, in «La gazzetta del Mezzogiorno», 14 ottobre 1853.

1871 «Nel 1871 a dritta della strada, che da Lecce mena a S. Pietro in Lama, nel fondo sativo Acchiatura, [di proprietà del Duca di S. Cesario, Carlo Marulli] e a poca distanza del sopra accennato Anfiteatro, alla profondità di 96 cent. trovai, scavando, un avanzo di fabbricato, il quale comincia da una camera con lastrico ordinario in parte, ma pieno di quadrelli di marmo di vario colore, di avanzi di mosaico figurato a meandri […] molti frantumi di marmo bianco, verde antico e cipollino, vi rinvenni; come pure un gradino di marmo bianco […] varie anfore graziosamente modellate, qualcuna intera, altre rotte; antefisse e tegole innumerevoli infrante; molti avanzi di vasi di vetro, pezzi di osso lavorato, volute di capitelli di pietra leccese; varii pezzi di una statua di marmo bianco, ed altri di cornice della stessa materia; una palla di pietra del diametro di cent. 80, avente un foro riempito di legno, nel quale è infisso il doppio prolungamento d’una maglia di ferro; e non poche conchiglie bivalvi e turbinate de’ nostri mari. […] Nella chiusura detta Panareo furono rinvenuti gli avanzi d’una casa con pozzo nero; la qual casa ha un’ampia camera, il cui pavimento si compone d’un rustico mosaico; sfondatolo alla profondità di un metro, vi rinvenni dapprima tre tombe, e poscia tre altre, laterali queste ultime alle pareti della camera stessa. Ciò determina la certezza che sulla città de’ più antichi tempi un’altra ne surse».

Luigi G. De Simone, Note japygo-messapiche, Torino, Stamperia Reale, 1877; vedi anche Sigismondo Castromediano, Relazione della Commissione conservatrice dei monumenti storici e di belle arti di Terra d’Otranto per l’anno 1871, Lecce Tip. Editrice salentina, 1872.

1905 «Per potere stabilire i rapporti comparativi tra l’Anfiteatro rudiano ed il nostro ho fatto rilevare la pianta topografica dei pochi resti oggi esistenti in quella contrada dall’amico sig. ing. Giuseppe Franco e dal geom. Pasquale Starace, il 22 maggio 1905; e l’ho riprodotta nella Tav. XIII. L’Anfiteatro di Rudiae è situato nella parte sud-occidentale dell’antica città, alla distanza di 300 metri dall’abitato della R. Scuola agraria, in contrada Panareo e nella Chiusura Anfiteatro del sig. Aversini, presso la via vicinale che da Lecce menava a Rudiae. Il fondo è oggi tutto piantato a vigna; e i lavori eseguiti per la piantagione hanno manomesso e distrutto. […] Rimangono in posto soltanto nei punti a, b, c, d, [rif. alla tav. XIII] le gradazioni della cavea con le quali si è potuto in certo qual modo circoscrivere il perimetro dell’ellisse; […] Il diametro maggiore di questa ellisse si è calcolato approssimativamente di m. 83 ed il minore di m. 66».

Cosimo De Giorgi, Lecce sotterranea, Lecce, Stabilimento tipografico Giurdignano, 1907.

1911 «Nello stesso anno [1911], nel fondo “Anfiteatro” furono rinvenute numerose tombe, che i proprietari dell’appezzamento, Sigg. Aversini, esplorarono, vendendo la suppellettile rinvenuta. Questa, rinchiusa in dodici casse, fu fermata e sequestrata dalla Soprintendenza alle Antichità sulla stazione ferroviaria di Brindisi e destinata al Museo di Taranto dove attualmente si trova. La suppellettile, tuttora inedita, si componeva di vasi figurati di dimensioni varie, verosimilmente databili tra la seconda metà del V e il III sec. A. C. ».

Mario Bernardini, La Rudiae Salentina, Lecce, Editrice Salentina, 1955.

1928 «[1928] una esplorazione completa non è stata ancora tentata, e la scoperta di molti frammenti architettonici dell’epoca romana, fatta da Pietro Marti [ispettore onorario dei Monumenti] nel 1928, confermano tale verità. Delle opere visibili, sono degne di considerazione: i Resti di un Anfiteatro, scavato nella roccia, e una larga ala di Mura».

Pietro Marti (1863-1933), Ruderi e monumenti nella penisola salentina, Lecce, Tip. La Modernissima, 1932.

1928 «Nel 1929, ebbi notizia che – nell’area archeologica dell’antica Rudiae, propriamente a destra della via provinciale – i contadini avevano estratto dal suolo alcuni ruderi architettonici e minacciavano d’infrangerli. Senza perdere tempo, sebbene molto indisposto e perfettamente estraneo alle attribuzioni ufficiali, mi recai sopra luogo e riscontrai notevoli avanzi di costruzioni romane. Era la prima volta che la patria di Ennio ci parlava in modo molto evidente della sua seconda vita civile. Fin allora, nessuno studioso di antichità rudiane aveva pensato di fissare i caratteri differenziali dei varii rinvenimenti. Tutto era passato col battesimo di messapico e gli stessi avanzi dell’anfiteatro, scavato nel vivo del banco calcareo, erano stati considerati quali ruderi di un teatro. […] Quei rinvenimenti , dunque, avevano per me una considerevole importanza storica, ed io – nel dubbio che non andassero dispersi o trasportati in altro ambiente, senza chiedere pareri o interventi di organi più o meno ufficiali – ottenni che venissero custoditi nel Museo Civico di Lecce. Li enumero per comodo degli studiosi: un Rocchio di colonna; un Plinto di pilastro con modanature; un Frammento di alta cornice, adorno di ovuli e di rosette; due Capitelli marmorei, con decorazioni zoomorfe; un Disco di tornio per la lavorazione della ceramica ecc. I soliti competenti intervennero per affermare che quei ruderi non presentavano caratteri di notevole importanza estetica, ma non vollero o non seppero neppure delibare il problema storico da me prospettato. Intanto, i contadini continuarono nella loro opera di devastazione, e chi aveva il dovere d’intervenire non ebbe neppure la visione che saggi di scavo nella zona circostante, là dove ancora si scorge una larga ala di mura quasi intatta e quasi ignorata, avrebbero potuto dare risultato di maggiori rinvenimenti.».

Pietro Marti (1863-1933), Ruderi e monumenti nella penisola salentina, Lecce, Tipografia La Modernissima, 1932.

1930 «La Brigata degli Amici dei Monumenti ha deliberato di promuovere e celebrare onoranze nazionali a Quinto Ennio, l’altissimo poeta latino nato a Rudiae nel 239 av. Cristo. […] Oltre che con discorsi e studi sul Poeta che “non ebbe altri maestri che le Muse” – come scrisse Marrone e ripetè Giovanni Pascoli – Ennio sarà ricordato in Lecce con la messa in luce dell’Anfiteatro di Rudiae, distrutto intorno al 1150, quando Guglielmo il Malo rase al suolo la patria del Poeta amico degli Scipioni che gli furono grati e gli elevarono nel recinto del loro sepolcro sulla via Appia, la statua che Tito Livio vide. Auguriamoci anche che tale divisamento richiami completamente l’attenzione del Governo Nazionale, geloso custode di tutto ciò che si riferisce alla grandezza Romana e ai Grandi che col loro genio e sapere la resero eterna nelle opere degli artisti, dei poeti, degli storici, dei filosofi, dei soldati. Ed Ennio fu artista, poeta, storico, filosofo e soldato della Repubblica che preparò l’Impero. […] Come sorse l’idea? Pubblichiamo il verbale dell’adunanza in cui la Brigata degli Amici dei Monumenti Salentini discusse di Ennio. “Verbale del 31 gennaio 1930. […] A completamento di queste proposte, che vengono approvate, il Rettore Principe Apostolico Orsini, che si compiace col Valentini, annunzia che egli, come Commissario dell’Ente Fascista per la conservazione e difesa dei Monumenti della provincia, ha stanziato nel bilancio dell’Ente per il 1930, la somma di lire 5000, primo fondo per la ripresa degli scavi di Rudiae. La Brigata plaude”. Così nacque l’idea delle onoranze a Ennio».

Oronzo Valentini, Onoriamo l’altissimo poeta soldato Quinto Ennio, in «Almanacco illustrato Terra d’Otranto, 1931», compilato da Clodomiro Conte, Lecce 1931.

1930 Oggi [1930], tutto è scomparso, meno la speranza di trovare qualche rudero nel terreno rimosso, e la fede nei pochi custodi delle grandi memorie di diffondere tra le nascenti generazioni il culto per il maggiore esponente della stirpe italo-greca. E parlo di fede, perché, pare, sia vivo e vitale, anche negli alti organi della cultura storica e letteraria, il proposito di mettere allo scoperto l’Anfiteatro o Teatro di Rudiae, e di procedere ad una celebrazione internazionale di Q. Ennio.»

Pietro Marti, Nella terra di Galateo, Lecce, Editrice “L’Italia meridionale”, 1930.

1931 «Gli scavi dell’anfiteatro rudiano. All’azione pratica e feconda dell’Ente [Ente fascista per la tutela dei monumenti della provincia di Lecce] – che ha già stanziato i primi fondi necessari per lo scoprimento dell’anfiteatro di Rudiae – non è mancata l’adesione del Ministero dell’educazione nazionale, sensibile a tutte le manifestazioni tendenti a rafforzare la coscienza della romanità nazionale».

Nicola Vacca, La rinascita di studi sul poeta Quinto Ennio. Il “nuovo Omero” dell’antico Salento, in «Il giornale d’Italia», 18 febbraio 1931.

1931 «1951. Nei pressi dell’anfiteatro fu rinvenuta una testa coronata di epoca romana raffigurante un sacerdote, coperta con toga e scolpita in pietra locale. Alt. m. 0,30. Sempre nel medesimo anno, venne in luce uno scudo su base rettangolare, rotto superiormente e scolpito pure in pietra locale. [segue descrizione]».

Mario Bernardini, La Rudiae Salentina, op. cit.


1955 «Nell’estate del 1955, eseguendosi alcuni lavori di scasso del terreno nel fondo denominato “Acchiatura”, sito nella zona centrale del comprensorio, a destra della strada provinciale che mena a S. Pietro in Lama, furono rinvenute varie iscrizioni. È da premettere che nel 1871, un benemerito studioso locale, il giudice De Simone, che s’interessava alle antichità salentine, e di Rudiae in particolare, segnalava di aver scoperto in questo fondo ruderi di costruzioni, frammenti di statue di marmo e di rivestimenti, capitelli e colonne di pietra locale, ecc. Questo materiale, rivoltato dall’aratro meccanico, è ricomparso in superficie, rendendo necessaria un’accurata esplorazione del fondo, che sarà eseguita con i prossimi scavi disposti a iniziativa dell’Amministrazione provinciale di Lecce, di concerto con la Soprintendenza alle Antichità di Taranto. È probabile che i capitelli e i resti delle colonne di pietra provengano dal limitrofo anfiteatro che si nota sul posto, a breve distanza dal fondo “Acchiatura”.

Mario Bernardini, Salento. Ritrovamenti di iscrizioni romane, in «Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Notizie degli scavi di antichità», 1957.

1981 Nella confinante località «Vescovado», a NW rispetto all’incrocio della strada romana, si riconosce la depressione ellittica dell’anfiteatro.

Esso misura al piede dell’arena m. 67,5 per l’asse maggiore e m. 43,5 per lasse minore e, come l’analogo monumento di Lupiae, sembra avere utilizzato in parte il banco di roccia.

Rosanna Corchia, Rudiae. Problemi archeologici: una messa a punto, in «Taras», 1981.

Valentino De Luca *Storico e già Ispettore onorario della Soprintendenza ai Monumenti per il Comune di Lecce