L'Antologica di Anna Maria Massari

Mauro Marino
Anna Maria la ricordo, la incontravo nella saletta di via Santa Maria del Paradiso, la sua 'casa' d'arte con Rita Guido e Silvia Mangia. Oggi lì abita il Fondo Verri, in una continuità di progetto che lega e alleva storie. La sigaretta sempre accesa, una voce densa di ironia col dialetto pronto, a sottolineare. Aveva grandi occhiali attraverso quelli guardava il mondo. Di lato lo guardava, di traverso, con la sua vérve critica sempre accesa. Sarà che l'arte le apparteneva intera, respirata sin da bambina, suo padre era Michele Massari, suo fratello Antonio, artisti di grandi visioni e di adorabile manualità.
Certe volte Lecce sorprende, fa doni inaspettati e la voglia di guardarsi nell'intimo produce eventi che ridonano senso e conseguenza a storie dimenticate. E' il caso di questa antologica realizzata con grande cura e passione da Lorenzo Madaro con il prezioso ausilio di Francesco Porpora.
Un luogo al riparo! Un luogo salvo! Non c'è lo stucchevole respiro del restauro negli spazi del Monastero delle Benedettine che ospitano i lavori di Anna Maria Massari, c'è un austero decoro. Non c'è eccesso di luci, c'è il dover guardare. Le opere sono lì agli occhi!
Antonio Massari seduto su un divano rosso - nella terza delle sale che ospitano l'Antologica - chiede: «Cos'è il passato? Papà, Anna Maria, le cose care, la casa. Cos'è il passato?». Che rispondere? Il passato è cosa della memoria. Lo conserviamo, finché in noi dura. Torna il passato, muove il tempo ma non colma la mancanza. Quella no, rimane intatta. Persa nelle pieghe, se è la presenza che inseguiamo. Il concreto esserci di ciò che non è! Non è più! Morire è non sapere, inseguire la morte è non sapere!
Anna Maria Massari è morta nel 1993, il 28 marzo. Stagione triste per i selvaggi del Salento, tanto cari ad Antonio L. Verri. Non c'erano più Totò Toma ed Edoardo. Da lì a poco non ci sarebbe più stato neanche più lui, con noi, volato via. “Ci sarà un sabato e poi la domenica” aveva scritto. Il dono della veggenza lo abitava, sapeva?! Non so dire! Ci lascio la città, a noi continuare. A noi il tempo, il costruire. A noi farci “selvaggi”, vivi vivi, allo stupore!
E allora, cos'è il passato?
Di fronte a noi un monitor racconta Anna Maria. Le sue fotografie da giovane. Era bella Anna Maria. La guardo, seduta ai tavoli di un bar, gli anni cinquanta, Firenze. Un'altra foto la ritrae in compagnia di un'amica c'è ghiaccio dietro, ridono. Era bella Anna Maria! Le immagini scorrono, portano scrittura. Parole e ricordi: è questo il passato? Questo impasto che facciamo per non perdere il contatto, per non rompere il filo con chi ci è stato caro? E continua ad esserlo.
Qui, ci sono le opere! Quella era (è, a noi) la sua vita, la sua poesia.
Un'irrequietezza creativa che si muove, sollecita, attraversa, sperimenta tecniche e modalità differenti. Carte, incollaggi di trasparenze, cellophane, texture e trame fotocopiate, matite, china, i graffi dell' acquatinta, l'impasto dei pastelli e la velocità del pennarello. Una leggerezza ancora presente, necessaria, che fa sfida, sommuove l'animo. Interroga! All'ingresso una grande cornice in cartapesta chiude un ovale vuoto. Il colore essenziale della carta, piccole tracce di fuocheggiatura. C'è un assenza che sconcerta che invita a cercare. E' questo il passato?