In cerca di tracce



Hanno scritto di Silvio Nocera

«[Nelle formelle ispirate al mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto] Nocera sminuzza il grandioso miracolo dell’universo biblico e stranamente precristiano, riportandolo con efficace resa pittorica al dopo Cristo, per gustosi capitoletti, a sua volta facendo meravigliare chi guarda i suoi quadri sotto il profilo tecnico: non c’è la pennellata piena e distesa della tradizione, ma un disegno che pare bulinato non sulla superficie uniforme del legno o del metallo, ma scabra, costruita con la polvere di tufo che egli appiccica distendendola sulla tela (o anche sul legno) quasi a significare, in una occulta simbologia antropologica, la essenza tufacea, pietrosa ma dolce del Salento» (Enno Bonea, in Silvio Nocera, Caro Silvio Caro Pantaleone, Grafiche Panico, Galatina 1998, p. 20).

«Quel mio paese – e non è anche il tuo? – abita in una astratta pianura, fra sassi e un reticolo di muretti, fra alberi d’ulivo come disperate grida e braccia levate fra i rossi solchi di terra rigonfia e improvvise ferite, mura squadrate di tufo a perpendicolo sotto i piedi e lucertole e rospi dalla gola palpitante e infiniti fili d’erba che ci avvolgono le caviglie, che finiranno con l’avvolgerci come un rugiadoso sudario, noi che ormai da tempo abbiamo dimenticato il senso delle parole scolpite come un ricamo all’interno delle tombe dei nostri padri messapi, noi che parliamo ancora, e non lo sappiamo, il greco e il latino e passiamo per le nostre strade (anzi per le vie che attraversano le nostre strade e corrono avanti, verso il mare e il nulla) col passo rumoroso del viandante che passa per la terra degli altri, che furono prima di lui e non dopo, giacché non se ne andrà ormai più da quelle immaginifiche strade» (Aldo De Jaco, in S. Nocera, Caro Silvio Caro Pantaleone, cit., p. 28).

«Egli [Silvio Nocera] va alla ricerca di tracce, di elementi, di significati che l’uomo, fin dall’origine ha lasciato nel corso del tempo. La cultura popolare, quella legata alla terra, è la fonte più ricca dalla quale partire. I racconti degli Avi, carichi di significati emblematici e simbolismi, partendo dal popolare trovano riscontro nella mitologia antica. Così l’artista propone il trinomio Storia-Natura-Mitologia della propria terra in un modo poetico e fantastico che solo la forma ed il colore possono dare. Il tufo, la calce, il legno d’ulivo e persino il coccio smaltato sono il materiale ricorrente nelle sue opere, sono gli stessi materiali che l’uomo suo conterraneo ha sempre usato» (Luciano Greco, in S. Nocera, cit., p. 24).

«Ognuno ha un luogo speciale dove rifugiarsi fisicamente e spiritualmente, per riannodare, ricordare, rivisitare i fili della propria esistenza.
Per Silvio è la Contrada Monaci, fra il mare di Gallipoli e l’altura fra Parabita e Tuglie.

[…] Silvio nella sua vita non ha mai dimenticato il “suo” luogo.» (Luigi Chiriatti, in S. Nocera, Le sacre pietre di Contrada Monaci, Kurumuny-edizioni, Calimera 2005, p. 7).

«Nocera s’è liberato dalla preoccupazione d’una obbedienza prospettica tradizionale; tratta forme e colori con la piena libertà che il gioco dell’immaginazione concede. Pur tra qualche suggestione alla Chagall, conserva un impianto e una disposizione di forme e colori che scaturisce da un sentire istintivo, ma di una istintività controllata dalla meditazione» (Luigi Scorrano, in Silvio Nocera / Personale di pittura, Tuglie, Biblioteca Comunale, 27 dice. 1999 – 6 gennaio 2000, a c. del Gruppo “Incontri” - Scheda di presentazione).

Silvio Nocera esiste; oggi è pennellata di luce tra terra e cielo; oggi è simbolo di una storia che va da tela a tela; da acquarello ad acquarello; da immagine ad immagine; da luna a luna perché, come vuole che si creda e si dica, è lei a dirigere semine, potature e raccolti; lei è Selene ed è Proserpina, lei è danza e vita che squarcia tenebre e mistero, mistero anch'essa. E non esiste più il buio, non esistono più i confini ed è così breve il viaggio d'un seme che si disfa a riappare e ridiventa fiore ed erba tra sassi dall'anima lieve. Ecco, oggi Silvio è preghiera racchiusa in un soffio di colore, in un sospiro di-verso. Ed è ancora canto di Sofia al calar della sera.
(Giuliana)