Un’ ora d’imbrunire - 1981
Vecchie luttuose
tengono
linde le corti,
ne sono come a guardia
con le mani in grembo;
scrutano il passante
elegante, un foulard al vento,
non sanno che sono uno di loro.
forse i destini s’incrociano.
La solitudine - 1982
Ho scelto la solitudine
perché il rovescio della medaglia è clamore,
rozzezza, arroganza.
Ho scelto la solitudine
perché così un tempo m’avanza
di puri addii alle cose.
ho scelto via più breve la distanza
che va dalle stagioni
- come ruotano vorticosamente –
sino al fiorito niente delle stelle.
Che fa… - 1982
Che fa la tristezza…
Che fa la solitudine…
Io tengo un diario celeste e terreno
anche quando non scrivo parole.
Creativi sono
il piatto di ceci della madre,
il poco vino, la cruda cipolla
che mi strizza la lacrima,
i lupini, il caffè,
i vetri gialli, più oltre le viole,
le arance appese,
l’azzurro tra il fogliame di quei frutti d’oro,
l’Angelo (non mia invenzione)
e prega per me e per mio padre morto
e mi ricaccia in una
povertà di sogno.
Prima che venga l’uomo – 1982
C’è qualcosa che mi turba se devo essere io a parlare.
Ed è tutto questo grande silenzio che mi s’è fatto intorno.
Pure, vi parlo, perché siete tremendamente soli
(dunque, per voi, una gran felicità. Che mi dovete comunicare).
E voi siete le stelle, e voi siete i fiori
e voi siete gli alberi e voi siete le nuvole
e voi siete il mare e la spiga e la rosa
(anche quella dei venti). Tutto si compie.
E voi siete tutti i morti della terra
con le stesse grandi parole di silenzio che dicevo prima,
ma che ammiccano forte.
E voi siete i giardini e le maree
e i limoneti chiari
e gli angioli barocchi della morta città
e i gelsomini di pena
e le cariatidi e i voli
e la pianura lenta
prima che venga l’uomo,
prima che venga
demente, fornicante,
con la sua scienza senza carità,
col suo feticcio della storia.
Visita alla casa di Giulio CesareVanin - 1981
F. Hölderin
Ho fiancheggiato le terre salentine,
dall’altro lato un tempesta
di fiori di tabacco.
nell’umidore d’uno scirocco fiaccante.
nell’ ora della messa vespertina.
E il buio secolo.
Nella tua patria di cenere,
o Vanini!
O voi che venite dopo -1981
Quando sarò pietra,
muschio e pietra,
forse rosa,
e comunque il candido ossame di questa terra mia,
io che già sono una creatura della notte,
delle stelle e del mare,
naturali moralità dinnanzi alle quali
il mio umano destino si ferisce,
o voi che venite dopo, sappiate
che non sono stato invano,
che ho amato e sofferto anche per voi
e che solo le illusorie apparenze
mi dicono morto.