La Notte della Taranta 2007


La Notte di un Salento musicale ormai maturo
di Mauro Marino

I dotti, i filologi, i critici diplomati non sanno la vertigine dell’essere pubblico, non battono le mani, non mischiano sangue, non danzano. Non smarginano, non si lasciano suggestionare e se ascoltano, lo fanno con la testa, il loro cuore rimane fermo, estraneo, lontano. Giuliano Sangiorgi “ci svela” - ed egli stesso ne è conferma - che il Salento ha un’anima musicale: al di là delle sue declinazioni, la musica è essenza del “sentire”, prima arte, sua poesia. La Notte della Taranta di questo “sentire” è manifesto e laboratorio.
“Son tutte piccole poesie, canti d’amore” quelle che l’intreccio di lingue e di stili lascia sul palco di Melpignano, una mescolanza esaltata dalla presenza dell’Orchestra di Piazza Vittorio, prima d’ogni altra cosa, esperienza civica di convivenza: quindici musicisti di paesi, lingue e religioni differenti divenuti “modello di un mondo possibile e migliore nelle orecchie. Un mondo pieno di diversità in cui però i Caschi Blu timbrano il cartellino e muoiono di noia”.
Altrettanto simbolicamente conta in questa decima edizione, segnata dal vagare teso di Mauro Pagani, la presenza sul palco dell’architetto musicista Piero Brega, fondatore del Canzoniere del Lazio, gruppo che negli anni settanta spinse avanti l’impegno del folk revival con l’obiettivo di costruire una musica nuova che, affondando le sue radici nella tradizione popolare, divenisse espressione dei nuovi bisogni metropolitani. Esperimento che aprì alla contaminazione e allo scambio tra interpreti di diversa estrazione musicale. Questa è la musica, quella che smuove energie e costruisce consapevolezza nella festa. C’è un’esattezza, un equilibrio che sta nell’ascolto reciproco, nell’accogliersi in quanto risorsa e ci accorgiamo che tutto diventa ‘lingua’ se accudito, coltivato, curato dall’idea creativa del fare. Chi ha una patria, ha anche una lingua in continua crescita e in tutta la sua pienezza, capace di dare forza a chi le si accosta. La poetica prodotta riflette una verità contingente, brilla di una sua evidenza incontrovertibile, tale da far coincidere singolarità e universalità. Mettere a dimora germogli serve a crescere, questo in questi anni s’è marcato con testardagine, costruendo un modello unico in Italia. La grande scena salentina è una palestra ricca di fuoriclasse. Una generazione di interpreti è confermata: con orgoglio, coraggio ed umiltà ha raccolto il testimone ed ha saputo fare la corsa adattando le andature alle proposte venute dall’avvicendarsi dei maestri concertatori. Antonio Castrignanò, Claudio Cavallo, Enza Pagliara, Emanuele Licci, Claudio Prima, Emanuela Gabrieli, Luigi Del Prete, sono interpreti capaci di determinare una produzione musicale senza vincoli, autonoma nel bilico tra tradizione e contemporaneità. L’Arte, la sua necessità, rinnova il canto, continua a vivere. I centomila di Melpignano lo testimoniano con il loro esserci, all’unisono.
E l’esattezza dell’accordo, il suo costruirsi nella coralità, può essere scuola della politica. Viene desiderio di qualcosa che assomigli alle prove d’orchestra di Sarkozy guardando il parterre dei vip. Trasversalità politica confermata dalla presenza del sindaco di Lecce. Ah, trasformare sorrisi e salamelecchi di circostanza in atti di costruzione. Il ‘concertatore’ potrebbe essere soltanto la buona volontà e il desiderio di servire il Bene Comune. Oggetto non del contendere ma del “suonare insieme”.