Il gioco dell'uva nera


di Antonio Verri

(A Rina e Aldo il mattino dopo)

Ecco, guardo il niente stamattina
dal vetro di un treno spargo neve
col fresco che fruscia nel silenzio...
mi chiedo, caro Aldo, come concertare
lo strazio, le multicolori occasioni
le ossessioni legate alla scrittura
i giochi della mente, lo stupore...
ma il mattino riempie gli occhi
la bocca indica come non mai
complicità
voracità tessute in uno specchio...
questa solita serenità scomposta
cola in rivali dalla tettoia per Sciaffusa
di carbone.
Proprio un'armorica?
Si.
E non è perdita del gioco, cara Rina
se la parola non tiene più col cuore?

Eppure sarebbe bastato ieri sera
scostare per un attimo i velluti del teatrino,
il tempo di regolare coi segni
(che già sono un assurdo)
lo scompiglio di un caldo predatore
che dispensava boccacce, a noi boati
ritto sulla dignità di un praticabile
irritato dal nostro ruolo nella vita...


Lecce. 19 dicembre 1984