La poesia di Alessio Ursoleo in "Potresti essere tu"

La materia prima della poesia
di Giuseppe Semeraro

La poesia di Alessio non è mai esatta, svelata, non ha soluzioni né conclusioni.
I suoi versi mi fanno pensare a un campo di battaglia dove sul campo restano frammenti di vita spezzata, lamenti appena udibili, pezzi strappati a brandelli e lasciati ai fuochi della notte. Come nella cieca violenza di una guerra, si sentono gli opposti combattersi, ci si sente circondati da proiettili, urla, esplosioni.
Nelle sue parole sento una lotta continua e incessante, un'azione che dall'intimità tende verso il suo interlocutore senza nascondere le sue unghie consumate e resistenti. Non ci sono né cadute di retorico ottimismo né l'arrovellarsi troppo negli angoli del dolore. La partita è davanti a noi, davanti ai nostri occhi, si sta giocando nel presente senza formule o ricette ed è tutta lì nella battaglia costante per l'umano, senza vincitori né vinti. Siamo nella scintilla, nel suo eterno portare la fiamma per l'altrove, senza resa e senza bandiere bianche.
Una partita aperta fino alla fine e che probabilmente non avrà mai fine. Mi sembra di ascoltare la melodia della polvere da sparo, "...ascolta la povere da sparo..." oppure "...avvicinati ho poche parole per questa poesia", "...gesti proletari si muovono sul letto..."
Come nella vita sento un conflitto necessario, la materia prima della poesia.

Nell’epoca del disincanto
di Mauro Marino

Sono mentecatto nei colloqui
gioco con poche rime e
poche sillabe.
Aduno i versi con la mano,
invidio chi tace,
sosto nelmezzo.
Mimo il canto del mattino,
porgo la guancia destra
mi trucco
nella tua reggia.
Sfioro la dimora,
sigillo le porte,
resto in prigione:
onta suprema
 della decadenza.

Parole ti vengono incontro. Sai, “potresti essere tu”, rigo dopo rigo, a ritrovarti nella densità che dipana senso. Cercalo, trovalo! Stai nei versi, abitali, inseguili! Immagini continue, sollecitano e non c'è consolazione. Rumore, quello sì! Quello del tempo intorno, quello del “labirinto cittadino” che cattura e quasi mai  salva lasciandoti meditare, “senza riposo”, “sul fiore/ l'ultima frode”.
Così è oggi, nell'epoca del disincanto. Non rimane che la poesia. Lì trova dimora il sentire, la sensibilità di chi sceglie di rimanere attento, vivo nella vita.
“L'ispirazione è una posizione, un'esigenza assoluta, [una rivendicazione di] autonomia” dove “la musa ha carne e ossa” e fa “tempesta nel petto”.
Il tempo è più forte del mio coraggio / il gregge ha latte ricco”, scrive Alessio e scrive anche “non ho cerotti”, “non so se (…) la vita / ha capacità ancora di slanci / generosi”. Amarezza? No! Constatazione, sì, presa d'atto. A questo ci ha allenato il divenire del Mondo, chi sa guardare, vede; chi ha memoria, sa!
A che serve il poeta, la poesia, se non ha questo allenamento continuo di attenzione e di critica? Tempo sprecato, meglio il latte del gregge? Ci viene a volte di dire: sì, meglio! Meglio quello, meglio sopravvivere nel presente, nella condanna della ripetizione, al riparo dallo stupore. Ma l’amore chiama, grida e solo chi è sensibile, chi veramente vive sa ascoltarlo, accolglierlo per tradurlo in suono, in parole, in senso. Questo Alessio Ursoleo fa, giorno dopo giorno provando la sua calligrafia, tessendo parole nell’accapo del tempo.

Alessio Ursoleo, "Potresti essere tu", Spagine Fondo Verri edizioni 2019.