Letture «mondiali»/ Tra calcio e letteratura 1. Umberto Saba

Umberto Saba e il gioco del calcio s’incontrarono per opera del “caso”. Il calcio che canta Saba è molto lontano da quello attuale. Il calcio del poeta è quello della «squadra paesana», dei giocatori «sputati/ dalla terra natia»... Eppure Saba coglie benissimo quel filo rosso che unisce i tifosi di ieri a quelli di oggi, nel fatto che “la gente (e lui stesso) non si eccita tanto per il gioco in sé, quanto per tutto quello che, attraverso i simboli espressi dal gioco, parla all’anima individuale e collettiva”


Goal!

Tonio Solazzo


Non c’è sport di squadra che susciti passioni così forti e intense come il calcio. Tanto forti e intense da sfociare a volte, e purtroppo, in episodi di violenza assurda, incomprensibile.

Il tifo calcistico non conosce limiti dettati dal ceto sociale o dal sesso o dall’età: in curva o nella tribuna vip esplode la stessa travolgente passione, si lanciano gli stessi affettuosi complimenti ad arbitro e guardalinee, si beccano i giocatori avversari con cori e striscioni ironici (nel migliore dei casi) o pesantemente offensivi. Tutto questo è storia di ogni domenica di campionato.

Ciò che, forse, è meno noto è il coinvolgimento di noti scrittori e poeti in questa sorta di follia collettiva, al punto che molti di essi hanno scritto di calcio o hanno calcato il rettangolo verde come amatori e, in qualche caso, come professionisti.

Fra i primi citiamo: Umberto Saba, Mario Soldati, Giovanni Arpino, Nick Hornby, Pier Paolo Pasolini. Albert Camus e Osvaldo Soriano hanno giocato al calcio e, nel caso di Soriano, che era un buon attaccante, anche con discreti risultati.

Lo scrittore francese, premio Nobel per la letteratura nel 1957, ha militato nel Racing universitario di Algeri ed è stato “l’unico portiere esistenzialista del mondo”, come recitava l’annuncio, pubblicato sulla London Review of Books, con cui una società londinese metteva in vendita per 18 sterline, una maglia di portiere di calcio, con il numero 1 sulla schiena, firmata “Camus” (Dirk Schomer, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 1997).


Il 'caso' e la partita

Umberto Saba e il gioco del calcio s’incontrarono per opera del “caso”, quasi nell’inverno della vita del poeta, come egli stesso ricorda in “Storia e cronistoria del Canzoniere”, scritta in terza persona con lo pseudonimo di Giuseppe Carimandrei.

Era il 15 ottobre 1933 e quella domenica si giocava Triestina-Ambrosiana Inter.

Saba, che aveva superato già i cinquant’anni, si trovò tra le mani un biglietto d’entrata allo stadio, cedutogli da un suo giovane amico, che, per un altro “caso”, non poteva quel giorno recarvisi. Il poeta “era riluttante ad accettare. Non aveva, fino allora, nessuna simpatia per i tifosi. Tutto quell’entusiasmo e tutte quelle disperazioni per un pallone entrato o non entrato nella rete, lo irritavano” (Storia e cronistoria del Canzoniere, pag. 288-294, Milano 2001).

Da quella nuova e inaspettata esperienza, nacque la poesia “Tre momenti”.

La gara “fra la potentissima Ambrosiana e la vacillante Triestina” si concluse con quel “Nessun’offesa varcava la porta” della poesia, cioè con uno zero a zero. “Date le proporzioni delle forze in campo fu una vittoria della Triestina. Appena vide i rosso-alabardati uscire di corsa nel campo fra il delirante entusiasmo della folla… il poeta si sentì perduto”.

«Festa è nell’aria, festa in ogni via./ Se per poco, che importa?/ Nessun’offesa varcava la porta,/

s’incrociavano grida ch’eran razzi./ La vostra gloria, undici ragazzi,/ come un fiume d’amore orna Trieste».

Per la cronaca, quel campionato (1933-34) a diciotto squadre fu vinto dalla Juventus con 53 punti. Al secondo posto, con 49 punti, si piazzò l’Ambrosiana-Inter.


Poesie del calcio

Umberto Saba dedicò al gioco del calcio cinque poesie, pubblicate tra novembre 1933 e marzo 1934, sulla “Gazzetta del Popolo” e poi nell’“Antologia degli scrittori sportivi”. Le stesse furono inserite nel terzo volume del “Canzoniere”, nella sezione “Parole”.

Le poesie sono: “Squadra paesana”, la già ricordata “Tre momenti”, “Tredicesima partita”, “Fanciulli allo stadio” e “Goal”.

In “Fanciulli allo stadio”, il poeta commosso descrive l’entusiasmo dei piccoli tifosi per i loro idoli, che, invece, li ignorano del tutto. In piedi su quel muretto, “i fanciulli, nelle pause del gioco, lanciano i nomi cari e gloriosi, ad uno ad uno, come frecce. Le frecce, però, non arrivano al segno, perché «Odiosi di tanto eran superbi/ passavano là sotto i calciatori./ Tutto vedevano, e non quegli acerbi». E l’immagine di quei fanciulli, innamorati e delusi, si sposa, nell’animo del poeta, al ricordo della sua infanzia”.

Goal” descrive l’opposto stato d’animo dei due portieri al momento del goal. Il portiere vinto «caduto alla difesa/ ultima vana, contro terra cela/ la faccia, a non vedere l’amara luce», invano consolato dal compagno che «scopre pieni di lacrime i suoi occhi». L’altro, il portiere della squadra vincente, è rimasto presso la rete inviolata solo con la sua persona, ma non con la sua anima.

«La sua gioia si fa una capriola,/ si fa baci che manda di lontano./Della festa – egli dice – anch’io son parte».

Nota Saba che “Goal” è la sua poesia sportiva “riprodotta più volte in antologie e libri scolastici. I compilatori di questi pensavano che, per il titolo e l’argomento, i ragazzi dovessero amarla. Non pensavano che, se i ragazzi amavano molto veder fare dei goal alla loro squadra preferita, poco li amano in una poesia, specialmente quando quella poesia devono mandarla a memoria. (Non possiamo dar loro torto)”.


Il calcio l'io che si fa noi

Certo, il calcio che canta Saba è molto lontano da quello attuale. Il calcio del poeta è quello della «squadra paesana», dei giocatori «sputati/ dalla terra natia», generati dalla madre-città nativa. Nulla a che vedere con le formazioni di oggi, autentiche multinazionali della pedata, e con i presidenti che non hanno legame alcuno con il territorio e che utilizzano il calcio per tutt’altri scopi. Eppure Saba coglie benissimo quel filo rosso che unisce i tifosi di ieri a quelli di oggi, nel fatto che “la gente (e lui stesso) non si eccita tanto per il gioco in sé, quanto per tutto quello che, attraverso i simboli espressi dal gioco, parla all’anima individuale e collettiva”.

Naturale pensare al Mondiale sudafricano e al significato, non solo sportivo, che esso assume per quella nazione e per il continente intero.

Lo hanno sottolineato tutti i commentatori, evidenziando la carica simbolica dell’incontro di apertura Sudafrica-Messico: nello stadio di Johannesburg ci sarebbe stato il cuore di un intero continente, che nel calcio vede l’occasione del riscatto o, almeno, come ha scritto Vittorio Zucconi, “l’illusione del riscatto”.

Nel gioco del calcio, poi, Saba scopre un’ultima possibilità che gli veniva offerta «d’essere come tutti/ gli uomini di tutti/ i giorni», di “compalpitare” con gli altri, di condividerne le passioni.

Scrive di sé il poeta: “Le sue poesie sportive ripetono, in forma arrovesciata, il motivo del “Borgo”: invece del dolore di non poter assomigliare alla maggioranza degli uomini, cantano la gioia di assomigliarle. Aggiungi, se vuoi, il piacere visivo di uno spettacolo per se stesso bellissimo, che però non sarebbe bastato, senza un contenuto emotivo più forte, ad accendere la suaimmaginazione, al punto da trasformare la visione in poesia”.

È, se vogliamo, la magia del calcio.