I proverbi di Taurisano di Vittorio Preite

Libri/

Vittorio Preite, Lavoro e proverbi nella società del bisogno Taurisano tra ‘800 e ‘900, Congedo


«Un’espressione parlante non nasce mai come proverbio, ma tale diventa dopo un vero e proprio processo di formazione, passando di stadio in stadio, fino a quello finale. All’origine c’è l’osservazione diretta di un fenomeno in ripetizione, che porta alla constatazione di una verità; di qui l’esigenza di codificarla, in modo che altri che non hanno avuto la stessa esperienza la conoscano. È a questo punto che la rima, che è già intervenuta per dare forza a quella verità, completa il compito rendendone più facile la veicolazione popolare, senza la quale non può dirsi proverbio»

Gigi Montonato


Guardare, poi dire

Maurizio Nocera


Il libro di Vittorio Preite, di Taurisano, rappresenta un condensato della storia della cittadina che è alle porte d’ingresso del basso Salento. A editarlo (Galatina, aprile 2010) è la Casa editrice Mario Congedo che, già da tempo, ha superato la soglia dei 2500 titoli; e tutto questo in soli 40 anni di esistenza essendo la Casa editrice galatinese nata nel 1970.

Dal punto di vista della veste editoriale si tratta di un libro cartonato in-8° grande, con la prima e la quarta di copertina (opera di Donato Minonni) stampate [nella prima è effigiata la cava “carcàra” (fornace atta alla produzione della calce), un tempo ubicata sulla strada Taurisano-Casarano; la quarta di copertina, invece, mostra lo stemma della città, ancora un scorcio della “carcàra” e poi un bel traino, di quelli che un tempo vedevamo attraversare le strade dei nostri paesi con alla guida i leggendari “travinieri”. Dice il proverbio: «Nnu bbonu travinièri/ vvèstia, rrote ‘u pinzièri» [Un buon carrettiere/ alla bestia e al carro ha il pensiero]; ma a me piace di più quest’altro proverbio (tratto sempre dal libro): «Travinièri/ matinièri» [Carrettieri/ mattinieri]. Anche i due fogli di risguardo hanno effigiate delle immagini: i primi due, tengono effigiata l’immagine di un forte cavallo da tiro che traina un aratro in ferro guidato da un contadino, mentre gli ultimi due fogli di risguardo mostrano la scena di alcune tabacchine che infilano le foglie di tabacco. Imponente è l’apparato iconografico. Le immagini (tutte in color seppia, ad eccezione di alcune in quadricromia, tratte da antichi codici) che illustrano i proverbi, come si usava nella forma dell’Enciclopedy, è frutto della ricerca della Casa editrice; vi sono inoltre allegati fuori testo altri tre album fotografici (forniti dalla redazione della rivista «Presenza Taurisanese» e da alcune famiglie taurisanesi, pur’esse citate) che mostrano quelli che erano gli antichi mestieri, le arti, i lavori e la vita della comunità. Non si esagera se si afferma che l’apparato iconografico del libro è veramente uno scrigno di conoscenze visive molto utile a chi ha voglia di conoscere e studiare la storia del passato di questa così interessante cittadina del Salento.


La prefazione di Gigi Montonato

Il libro è prefato da Gigi Montonato, direttore della rivista «Presenza Taurisanese» e poliedrico studioso della realtà meridionale, il quale, a proposito della definizione da dare ai proverbi, scrive: «Un’espressione parlante non nasce mai come proverbio, ma tale diventa dopo un vero e proprio processo di formazione, passando di stadio in stadio, fino a quello finale. All’origine c’è l’osservazione diretta di un fenomeno in ripetizione, che porta alla constatazione di una verità; di qui l’esigenza di codificarla, in modo che altri che non hanno avuto la stessa esperienza la conoscano. È a questo punto che la rima, che è già intervenuta per dare forza a quella verità, completa il compito rendendone più facile la veicolazione popolare, senza la quale non può dirsi proverbio» (p. 6). Nella stessa prefazione del Montonato è interessante leggere la descrizione tipologica che egli fa dei proverbi taurisanesi, alludendo al modello descritto da Nicola G. De Donno nel suo fondamentale “Dizionario dei Proverbi Salentini” («La Gazzetta del Mezzogiorno / Congedo, Galatina 2005). Si tratta di una duplice tipologia, che Montonato descrive così: «La prima comprende dei proverbi o tali immediatamente riconoscibili. È generalmente di carattere gnomico e sentenzioso, contiene indicazioni didascalico-precettive, in relazione a tempi e modi del lavoro, a condizioni ambientali, a modalità, a caratteri, a scadenze nei vari ambiti operativi, nonché le condizioni umorali dei lavoratori» (p. 9). «La seconda tipologia, veramente la più originale, è più compatta e comprende detti dal carattere a volte epidittico e a volte giocoso che nella comunicazione popolare sono autentici spot pubblicitari. In gran parte riguardano l’area borghese, degli artigiani e dei commercianti; in parte minore, i proprietari terrieri e gli agricoltori. Qui non si può parlare assolutamente di proverbi, ma neppure di modi di dire. Questi detti aprono nel sistema comunicativo popolare un filone d’indagine fino ad oggi inesplorato; obbediscono alla necessità di far conoscere un certo prodotto e il suo produttore ad un pubblico di massa» (p. 10).


I “legni” del relitto

L’introduzione al libro è a firma dello stesso autore, Vittorio Preite, il quale spiega i motivi che lo hanno indotto ad affrontare l’impegno della pubblicazione del libro. Il suo punto di partenza è la constatazione che la società contadina, quella che noi abbiamo vissuto fino agli anni ’70, si è ormai estinta, e di essa, oggi, restano solo frammenti di un relitto. Egli scrive: «Non tutto purtroppo è stato detto, alcune problematiche sono sicuramente trascurate […]. Non c’è la pretesa di essere stato esaustivo, ma solo accorto e capace di dare l’avvio ad un lavoro che risulterà utile a mantenere viva nella memoria collettiva e ad evitare perciò che il tempo cancelli definitivamente persone, costumi e modi di dire legati alle arti e ai mestieri della nostra società contadina […]. Ho cercato soprattutto di mettere in evidenza i processi di cambiamento legati all’ampia e diversificata realtà dei lavori tipici in cui in qualche modo si riflette la società contadina taurisanese del passato» (p. 24). Inoltre, l’introduzione di Preite ha un’altra sua importanza, relativa ad un’indagine statistica della società taurisanese, dalla quale si può facilmente evincere il tipo di stratificazione sociale da una parte, e dall’altra i tempi e le modalità di trasformazione della stessa società, da agricolo-pastorale ad artigianale-industriale. A tale proposito, interessantissimi sono gli esempi che egli adduce a proposito dell’avvio di un inedito processo di industrializzazione dovuto all’intraprendenza di ex emigranti (caso Scarlino) di ritorno che, sulla base di loro specifiche capacità imprenditoriali ed anche sulla base di dati economici oggettivi, sono riusciti ad avviare un’industria della produzione e della commercializzazione della carne veramente esemplare non solo per Taurisano, o per il Salento e la Puglia, ma anche per l’intera Italia.


La ricerca di Luce Ciullo

Mi ha poi commosso la menzione che Vittorio Preite fa di un grande taurisanese, purtroppo costretto oggi a vivere su una sedia a rotelle a causa di una brutta malattia che lo colpì circa trent’anni fa. L’autore scrive: «Con cura ho selezionato una buona parte dei proverbi, detti popolari e canzoni dalla raccolta inedita conservata dal prof. Luce Ciullo, il quale ha attinto alla “memoria storica” di numerosi concittadini anziani. Lo ringrazio per aver messo a mia disposizione un materiale tanto prezioso» (p. 24).

Ho conosciuto Luce Ciullo 40 anni fa in una scuola del Salento, lui insegnante di Geografia, io di altro. La nostra amicizia nacque subito e col tempo si consolidò: avevamo gli stessi interessi poetici e letterari. Luce è un buon poeta. Poi venne la malattia e lui scomparve ai miei occhi. L’ho ritrovato qualche giorno fa in occasione della presentazione del libro di Vittorio Preite e sorprendentemente vengo a sapere da lui che, in questi suoi tristissimi anni di forzata reclusione a causa della malattia, è riuscito a raccogliere e manoscrivere oltre venti mila proverbi, detti, motti, culacchi, canzoni e quant’altro taurisanesi e salentini hanno vissuto e conservato nella propria memoria individuale e collettiva. Si tratta di una bella storia sociale che sarebbe bene non perdere. Ovviamente il lavoro di Vittorio Preite non si limita solo al riporto dei proverbi, perché di ognuno di essi, egli fa la storia e la cronistoria, cita le possibili fonti originarie, cita i nomi di coloro che li hanno originati o che li hanno ripresi dal passato. Insomma, si tratta di un lavoro completo sotto i differenti saperi dell’umano sapere. E faccio qui un esempio per dare l’idea della mole profusa dall’autore per compilare il volume. Scrive: «“Trappìtu, parmèntu / mèju te cumèntu” [Trappeto e palmento / meglio del convento]. I lavoratori dei frantoi oleari e dei palmenti “hannu ffare e cose ggiuste” (devono comportarsi correttamente) secondo gli insegnamenti cristiani più di quanto non facciano i monaci. Il proprietario della materia prima da trasformare chiede, pertanto, il rispetto, da parte dei responsabili e delle maestranze impegnate negli stabilimenti, dei principali precetti cristiani, in quanto desidera giustamente di non essere derubato del frutto del proprio lavoro nel momento in cui lo vede finalmente giungere, dopo un anno di fatiche, a… “maturazione» (pp. 144-45). Il volume si chiude con un opportuno elenco dei nomi citati, che dà l’idea dello scavo compiuto dall’autore.