Locomotive Jazz Festival









Raffaele Casarano


Mauro Marino

Sapete che dicono certi saputi ed eccentrici Assessori alla Cultura o Sindaci con delega all'alto compito dell'intrattenimento nel nostro “bel” Salento: «E' troppo difficile, troppo intellettuale, non capiscono, c'è bisogno di qualcosa di più popolare...».
Questa la considerazione che hanno dei loro concittadini senza valutare la naturale conseguenza logica: evidentemente li hanno votati senza capire ciò che facevano. Ma lasciamo perdere!
Certi ho detto, non tutti, per nostra fortuna, alcuni osano e accolgono, con umiltà le proposte, le sanno valutare e rischiano l'incontro con la comunità e con il pubblico. Si fidano, si fanno “ignoranti” loro, per poter crescere, fare l'esperienza, imparare!

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Molti amici artisti ed operatori culturali sostengono che il problema è che ad un certo punto s'è creata confusione e il compito amministrativo si è sovrapposto al compito ideativo e creativo.
Dovremmo tornare indietro, alla mancanza, al “che si fa stasera?”. Se c'è un inizio e da trovarsi nell'Effimero di Renato Nicolini, li le radici di questa lento degenerare. L'assessore alla cultura di Roma - nel periodo 1976 - 1985, nelle amministrazioni guidate da Giulio Carlo Argan, Luigi Petroselli ed Ugo Vetere - poteva permetterselo, era capace, intuitivo, attento e competente. Creativo egli stesso, architetto ed anche drammaturgo e sappiamo, quanto gli architetti danno, al di là del far case. Insomma la sua Estate Romana è stata l'inizio di un uso del 'fatto' e del 'fare' artistico finalizzato alla rappresentazione delle città e dei territori.
Così il marketing territoriale è entrato a far parte di una vulgata che via via ha moltiplicato sagre, feste, festival, rassegne, notti bianche/ rosa/verdi e pubblico. Pubblico, pubblico, tanto pubblico, sempre più confuso, perso, vagante ed incompreso nei gusti e nelle necessità!
Ci vorrebbe una decrescita anche in questo, qualcuno suggerisce. Un tornare indietro. I fenomeni, anche quelli più importanti e virtuosi, deperiscono, vanno rinnovati e l'Epoca impone una profonda riflessione anche sul senso della Festa.
A Sogliano Cavour evidentemente ci sono degli amministratori capaci di riflessione, di quelli che conoscono la discrezione e mantengono la giusta distanza dall'accadere delle 'cose', mediatori utili di processi culturali. Di quelli capaci di regalare alla loro comunità e al pubblico ospite 2280 minuti di piena libertà!

Tutta colpa del jazz, del Locomotive Festival e di Raffaele Casarano.

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«Ma, il jazz è cosa popolare o un genere di elite?» si chiedono da uno schermo.L'uno e l'altro, mi rispondo. Lo stemma di Sogliano porta in campo blu il sole ed una mezza luna! Due temperamenti, due modi d'essere! Due diverse tensioni comunicative tenute in uno scudo di cielo.Il jazz è così: cosa della poesia, sua declinazione! Portarlo a tutti è il sogno di Raffaele Casarano: «La necessità di esprimersi (...) la disperazione crea l'intenzione» frammenti che colgo in una clip a lui dedicata. Partire e tornare è essenziale se vuoi crescere una sensibilità. Muoversi, incontrare. Non c'è arte senza l'incontro, lo scambio, il mischiare le sensibilità. Non c'è arte se non si sceglie poi, di stare, di fermarsi, di scegliere, non c'è costruire se non si fa il luogo. Questa la cifra ispirativa del ‘suo’ Locomotive Jazz Festival che è andato in scena il 4 e il 5 agosto scorsi.
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La morbida e rigorosa tromba fusion del maestro Cuong Vu accoglie il primo pubblico di una serata che ha tutte le caratteristiche per diventare emblema d'un modo di concepire e di mettere in scena un progetto culturale. L'andamento lungo di un tema ci lascia liberi come i versi quando non costringono al senso quando non legano le parole.
Loro, la folta truppa di artisti, ha incominciato già al mattino col da fare: la vernice di una mostra di arte pubblica nei giardini che accolgono il festival, un buffet tutto salentino per colazione e poi nel pomeriggio, in viaggio, con “From station to station” progetto dell'ospite e mentore Paolo Fresu - cittadino onorario di Sogliano Cavour - realizzato in collaborazione con le ferrovie Sud Est. Finiranno all'alba sulla collina di San Mauro di fronte il mare di Gallipoli!
Cascano i suoni ti vengono incontro in andature progressive volte all'accogliere. Ecco, il jazz invade, si fa popolare. Una frase, un frammento di uno standard sollecita il “so” comune.
Voglio fare il musicista mi dicevo da bambino! Ma non è dono dato a tutti il dialogo con uno strumento. C'è come un “mistero” che è prima dello studio. Voglio fare il musicista... per avere silenzio intorno, per giocare l'essenza e l'essenzialità, il segno e il segnale della libertà.
Arrampicarsi sulle note e caracollare giu. Un pentagramma della vertigine portato dentro, nel dentro sensibile, nel sentire che s'accorda con l'altro. Senza bisogno di didascalie, di citazioni, di conseguenza posso parlare del mondo e dell'intero intorno con la musica. E la guerra non fa rumore ed una ninna nanna inquieta e non fa dormire. E scopre!
Claudio Muci dice 'cantando' che non c’è bisogno di proteggere la tradizione, bisogna perdere e ritrovare la materia dell'origine, dell'inquietudine che ci abita che trova senza sapere d'aver trovato.
L'indeterminato è vitalità, è purezza! L'insignificanza è cosa sacra. Non ci rimane altro che prepararci, sempre prepararici e tenere orecchie 'pulite' alla musica!