Raffaele Casarano
Mauro Marino
Sapete che dicono certi saputi ed eccentrici Assessori alla Cultura o Sindaci con delega all'alto compito dell'intrattenimento nel nostro “bel” Salento: «E' troppo difficile, troppo intellettuale, non capiscono, c'è bisogno di qualcosa di più popolare...».
Questa la considerazione che hanno dei loro concittadini senza valutare la naturale conseguenza logica: evidentemente li hanno votati senza capire ciò che facevano. Ma lasciamo perdere!
Certi ho detto, non tutti, per nostra fortuna, alcuni osano e accolgono, con umiltà le proposte, le sanno valutare e rischiano l'incontro con la comunità e con il pubblico. Si fidano, si fanno “ignoranti” loro, per poter crescere, fare l'esperienza, imparare!
Così il marketing territoriale è entrato a far parte di una vulgata che via via ha moltiplicato sagre, feste, festival, rassegne, notti bianche/ rosa/verdi e pubblico. Pubblico, pubblico, tanto pubblico, sempre più confuso, perso, vagante ed incompreso nei gusti e nelle necessità!
Ci vorrebbe una decrescita anche in questo, qualcuno suggerisce. Un tornare indietro. I fenomeni, anche quelli più importanti e virtuosi, deperiscono, vanno rinnovati e l'Epoca impone una profonda riflessione anche sul senso della Festa.
A Sogliano Cavour evidentemente ci sono degli amministratori capaci di riflessione, di quelli che conoscono la discrezione e mantengono la giusta distanza dall'accadere delle 'cose', mediatori utili di processi culturali. Di quelli capaci di regalare alla loro comunità e al pubblico ospite 2280 minuti di piena libertà!
Tutta colpa del jazz, del Locomotive Festival e di Raffaele Casarano.
Loro, la folta truppa di artisti, ha incominciato già al mattino col da fare: la vernice di una mostra di arte pubblica nei giardini che accolgono il festival, un buffet tutto salentino per colazione e poi nel pomeriggio, in viaggio, con “From station to station” progetto dell'ospite e mentore Paolo Fresu - cittadino onorario di Sogliano Cavour - realizzato in collaborazione con le ferrovie Sud Est. Finiranno all'alba sulla collina di San Mauro di fronte il mare di Gallipoli!
Cascano i suoni ti vengono incontro in andature progressive volte all'accogliere. Ecco, il jazz invade, si fa popolare. Una frase, un frammento di uno standard sollecita il “so” comune.
Voglio fare il musicista mi dicevo da bambino! Ma non è dono dato a tutti il dialogo con uno strumento. C'è come un “mistero” che è prima dello studio. Voglio fare il musicista... per avere silenzio intorno, per giocare l'essenza e l'essenzialità, il segno e il segnale della libertà.
Arrampicarsi sulle note e caracollare giu. Un pentagramma della vertigine portato dentro, nel dentro sensibile, nel sentire che s'accorda con l'altro. Senza bisogno di didascalie, di citazioni, di conseguenza posso parlare del mondo e dell'intero intorno con la musica. E la guerra non fa rumore ed una ninna nanna inquieta e non fa dormire. E scopre!
Claudio Muci dice 'cantando' che non c’è bisogno di proteggere la tradizione, bisogna perdere e ritrovare la materia dell'origine, dell'inquietudine che ci abita che trova senza sapere d'aver trovato.
L'indeterminato è vitalità, è purezza! L'insignificanza è cosa sacra. Non ci rimane altro che prepararci, sempre prepararici e tenere orecchie 'pulite' alla musica!