E fu Poesia. Ovvero, rime ed anime della Biennale


di Irene Leo

enzo mansueto


La Poesia. Questa bizzarra ed assurda ammaliatrice che ti trancia il respiro facendone bocconi delle tue parole, di te. Ammantata di forte vento e di sospensioni mistiche, di nonluoghi, di voci, di occhi, di silenzi, di rumori, di anime. La Poesia, un giorno si presentò alla mia porta, vestita di stracci grondanti e miseri. Aveva gli occhi tristi, cercava casa. Cercava me. Io poco più che ragazzina, le aprì la porta le tesi la mano, l'essere, tutto il mio essere. Ella mi attraversò da poro a poro. E quel giorno morì la parte vuota di me. Cominciai a guardare ogni luogo comune con irriducibile diversità. Mi spiego. E' come vivere negli abissi scoscesi della notte, in una qualche anfratto inutile e troppo sicuro per poi rendersi conto che ciò che dai per certo e reale, è solo parvenza. Oltre il buio, nell'albore pieno poi, dinnanzi a te si spiega un altro senso, più vero. Più aulico, più difficile. E così Poesia una volta entrata nelle vene, cresce e ti usa meravigliosamente. E non c'è strazio più assoluto, più spinoso, più detestabilmente scavante. Meravigliosa morte, meravigliosa vita. E' un'energia orribile e focale, che rende tutto ciò che leva, a volte. Li riconosci quelli che ne hanno tatuato a caldo il nome sulla pelle. Perchè emanano un scorcentante mistero dal loro dire, ed il mondo, lo masticano lentamente tra molare ed incisivo, sottraendo ai famelici e agli stolti preziose verità.

Ho visto. Ho ascoltato. Ho assorbito luce ed ombra.

Sì è accaduto. Era un venerdì-qualunque?-, c'erano luci blu a contornare l'incarnato dei presenti, ed io ho veduto entrare Madama Poesia tra la gente, con la gente. Era viva a tratti malinconica, beffarda, ironica, emozionata, calda, stillante.

Nel padiglione 169 della Biennale dei giovani artisti dell'Europa e del Mediterraneo , si facevan fogli di Poesia. Come il caro Antonio (Verri) amava dire e fare. E credo fosse con noi. Chè in fondo la rima, il verso tornito e stridente, la musica, a che servon se non a superare limiti umanamente temporali. Questo insegna Poesia, a credere oltre, a sfiorare l'eterno, a piegare le gabbie, le conformità, e le regole del respiro.

Ecco, io ero con la mia Poesia, o meglio ella mi condusse là quella sera, al cospetto di una multivarietà così tangibile da raggrumarsi sulla lingua e negli occhi in maniera prepotente.

Ho sempre amato le retrofile, i dietro le quinte, la penombra, per carattere forse, ma Poesia mi ha insegnato che urlare il proprio senso è giusto, che si deve dare tutto di se stessi tra le parole, a costo di apparire "nudi" completamente dinnanzi a tutti. Ma senza vergogna.

Avevo tra le mani i fogli bianchi con su ciò che avrei letto.

Ed una penna, mai censoria, ed un sorriso, quello di Antonio (Natile) che mi era seduto accanto e che osservando gli autori, prendeva idealmente appunti per "sempre nuova è l'alba", rassegna poetica nocese, prossima alla sua realizzazione. Ed io che lo esortavo a riguardo, in una maniera martellante che rasentava l'insopportabile: "Dovrà avere la stessa alchimia, dovrà avere la stessa luce"!

E poi l'energia di tutta la psychè di tutti i poeti. Non v'è stato istante in cui io non abbia sentito amiche tutte quelle voci. Alcune già lette, alcune già abbracciate seppur idealmente, altre accarezzate concretamente con gli occhi. E quando venne il mio turno ed il mio nome, fu pronunciato, mi avvicinai al leggìo. E dimenticai. Dimenticai realmente il "mio nome", ed il cosa, ed il quando, e persi il verso dei miei fogli, ed andai a memoria ad un tratto, facendo finta di leggere. Io ero nelle mani di Poesia, io ero il suo mezzo, ero l'arpa percorsa dal vento, la fiamma che brucia, la cicala te marisciu, la pennula te pummidori 'mpisa e russuta, ero quel niente che rende ricchi, quello della mia terra, della mia "Sudapest".

Forte la grazia avvertita. Forte la consapevolezza del senso, e chiara la difficoltà che la strada richiede. Ma come in tutte le più belle storie d'amore, le cose difficili amplificano soltanto il valore e la preziosità degli istanti. Lo so, correrò il rischio dinnanzi al tuo occhio, oh lettore, di apparire densa di enfasi. Ma sono innamorata della scrittura, e del suo profumo di inchiostro e carta e mare ed infinito, semplicemente.

E' un viaggiare questo scrivere. Splendidi compagni di viaggio ho avuto modo di avvicinare nel loro modus libero ed unico di "versificare" e qui riportati rigorosamente in ordine sparso ( e mi scuso se qualche nome sarà sfuggito, non vogliatemene vado a memoria o quasi):

Antonio Natile, Antonio Vito Conte, Giovanni Santese, Gianni Minerva, Marthia Carrozzo e Margherita Macrì, Piero Rapanà, Massimiliano Manieri, Anna Maria Mangia, Renato Grilli Rocco Nigri e Nadia Martina, Tiziano Serra, Giampaolo Mastropasqua, Angelo Petrelli, Guido Picchi, sotto la regia attenta di Enzo Mansueto e Mauro Marino.

Mi ha sorriso venerdì 30 maggio al padiglione 169, della Biennale di Bari, Madama Poesia e quando accade, tutto cambia, tutto si spoglia di opacità. Quando accade, le altezze del volo ti sfiancano il respiro ma ti rinfrancano il cuore.