La mia terra ha la rima alternata

di Irene Leo

Il sapore dell'alba. Credo che questo debba essere il primo sapore che va dal cuore alle labbra, di chi La guarda per la prima volta a medesima altezza di cuore, e morde feroce il bello ed il buono, con fame d'aria. E' sensazione che ti inarca la schiena, ti da il brivido di un pugno allo stomaco, e l'ebbrezza aulica di un volo senza paracadute, senza para-lume, senza para-parole. Senza mezze misure. Ecco, questo sono quei cieli che si aprono da parte a parte nello sguardo tuo oh passante che miri. Dove non c'è silenzio vuoto, ma fiaccola irta e perenne di vita e morte, che brucia. Lei è nuda di stupide cappe, non porta calzari di condizioni e ma o se. Rifugge la luce artificiale ed ogni giorno ed ogni notte riveste la sua pelle odorosa e terrosa, di blu cobalto e ceruleo antico.

La voce... oh si, la sua voce è canto sgraziato a tratti privo di equilibri, eppure ti incanta, ti sfiora, ti tocca, ti penetra, ti trapassa, ti uccide. Ma non è forse dolce morire di sentimenti e carni e passioni, e questo e quello, se chi muove la mano, ti abita la mente? Non ama apparire fatua e leggera, rimesta la sua essenza alle pietre aguzze incastonate tra mura rizzute di sole ed il rosso tamburo della terra, chè chi si infranga le ginocchia cadendo, mescoli sangue e dolore a sentore di resurrezione. Le sue chiome sono le fronde degli olivi argentei sempre ballerini tra il dove ed il quando della musica pizzicosa e bruciante, che usciva dalla bocca di mia nonna, che la raccontava a me. Sì, io me la ricordo la sabbia sollevata dal vento che ti offende gli occhi, e la bellezza pura di un cardellino macchiato che ti sfrigola nelle orecchie ridendosela. E so che Ella mi appartiene, quanto io alla tramontana che spinge via le nuvole, ed il cielo te lo sbatte in faccia, come un piatto pulito smozzicato, dove intingere le dita, contando le briciole della nostalgica umanità. E siamo dei ai suoi occhi, e santi, e assassini, e niente, eppure siamo il tutto di una brace ardente di desiderio rancoroso. Quanto rancore c'è nella fragilità della paura di non dire e non fare mai abbastanza, nella paura dell'appartenenza che ti sfianca. E c'è il sole oggi alla mia finestra, è Lei.

E C'era il sole nella mia infanzia, ed un profumo di pomodori assolati di rosso canterino, là nei giardini dei miei ricordi. Ed un gatto, c'era sempre un gatto vagabondo come quelle api che ronzano tra il grano. Ed il mare, era acceso il mare come le risa mentre correvo per le strade. Una conchiglia nel pugno chiuso era il regalo più bello a fine estate da portar via, ed era dolce il sapore del vento ed il suono della banda di S. Rocco. C'era racchiuso allora in quelle ore probabilmente il senso di una vita intera, posata sulla base solida di una antica casa, dove una lucertola sgusciava magicamente in anfratti invisibili. Ed era, ed è mio il segreto delle radici, rosse, della taranta nera e severa, del tamburello, e del vento mai stanco, io lo so perchè ogni giorno il sole si perde lontano...io lo so.

E' così letale il tuo nome mia amata... Terra, che lascia indietro chi il coraggio lo infila in tasche e fessure per dimenticarselo.

E non lo afferri, tu che guardi, il senso dell'aspro limone appeso e dondolante sul rampo ossuto, e non lo comprendi il frutto del fico d'india che cerca vita tra le spine, e non lo sai perchè un gabbiano per morire si infrange sul mare anche se pesce non è. Ma la mia terra non ha bisogno di perifrasi, e parafrasi, ti affonda nelle emozioni, e suona come una canzone.

La mia terra ha la rima alternata,(non baciata) perchè lei non bacia, ma si lascia baciare.