Di parole capriola


E' in uscita
Il Ritorno dell'Ofisauro
prima raccolta di versi di Gioia Perrone
per la collana di poesia I voli de I Libri di Icaro


Di parole capriola
di Mauro Marino

E’ poesia che rotola questa, di parole capriola.
Presa dal fantastico racconto che sfonda il giorno, la lingua, ogni ordinario.
Parola gioco e vertigine: accolta, presa da un flusso visionario mischia luoghi e spostamenti e fughe.
Senti voci che strillano rauchi ‘tanghi’ al non so. A ciò che manca!
Trovi il taxi di De Niro lungo la strada dei guaglioni e Sakamoto, con un play, fa bolla, nella folla! Sotto sotto puoi sentire l’Enzo Jannacci e squillanti d-e-j-a-v-u, nei non sense, nei paradossi, nei voli. Ma confusi confusi, solo un infastuazione come di nuvola… lei è più sottile, perspicace, furbetta nella svolta, nel tagliare l’angolo per fare piroette, capitomboli, salti e larghe risate con la lingua.
Poesia femmina! Stropiccio di lenzuola con i voglio e i vorrei, gli “oh!” d’ogni stupore e quelli del venire.Quelli del correr via e dell’affronto.
Quelli che il tempo non lo sanno intero, lo fanno, nella rincorsa mischiando respiri con gli affanni.
Gambe velate di rosso e un gonnino tagliano la città dentro rincorse che sempre trovano “senso”! Ed è motivo di gloria nell’epoca del “non”, del mai trovare un senso! Cosa non da poco in questo incivile senza verso, fare parola, dire leggerezza!
Li la chiave per amare il poetare di questa poeta! Il suo indeterminato, il volo.
“Camminavo come un esercizio di equilibrio, / una ricerca lessicale in un calderone di sera / che era il profumo dei cappotti / e il riflesso di sguincio sulla vetrina. / Nulla che fosse umido, sanguigno, ma di opalescente vaghezza / un grigio passo di bacinella.” Scrive.
“…Un grigio passo di bacinella. Ma cos’è? Che significa, che vuole dire?”
Chiede, accanto, il correttore! Cosa rispondere? “Ma nulla, nulla o chissà cosa!”
Rimani nello stupore, nel ritmo, nel piacere, nel paradosso. Sei certo che la significazione, debba essere della poesia? E se far chanson è puro abbandono? Lasciarsi, inseguirsi sino al punto, all’esclamativo, al punto di domanda?
Così è questo scrivere: un perdimento! Un tempo fermato e fugace! L’impressione d’un bianco e nero. Della nostalgia che brucia e scalda e smuove… “E’ da giorni che te lo dico (....). Ho fatto sogni. Ho preso a trascrivere i sogni, ma spesso non rimane che un senso di caos, un arruffarsi e nient’altro. Se potessi fotografare anche quelli... Tu mi dici di questa malattia di scattare le foto, mi dici che scatto e scatto, ma quand’è che vivo lo scatto, quand’è che mi faccio scattare? Ho bisogno di fermare tutto. Ho bisogno di fermare, fermare. Anche Brunel si è fermato, non vuole fare nulla senza un mio accenno, senza un destino e un progetto. Ma io non tesso progetti, non sono progettuale, io butto, io spargo, al massimo, per rimediare, fermo. E Brunel mi dice tutto ma senza l’audio. Con le Malboro e il bavero alzato. (...) con quale gelido distacco il passante alla mia destra noterà il mio corpo muoversi, sparire dietro la pupilla?”.